Minacce, Bondi: "Brutta atmosfera, ho paura"

Ieri la lettera di minacce delle brigate comuniste contro il premier, Bossi e Fini. Il ministro della Cultura: "Quando si tirano in ballo fascismo e regime si trova sempre un pazzo che ci crede davvero. E spara"

Minacce, Bondi: "Brutta atmosfera, ho paura"

Il rumore del treno va e viene. Il ministro Sandro Bondi sta tornando da Roma, ogni tanto le gallerie cancellano le parole. Sembra la parodia di questa Italia, dove a intermittente si finisce in un tunnel e va via la luce. Niente dialogo. Niente speranza. Nessun futuro. Quello che resta è la paura, ritornare nel buio del muro contro muro. Bondi parla dei tre proiettili che sono arrivati a Berlusconi, Fini e Bossi. Qui il gioco rischia di finire male. «L’atmosfera è brutta e non mi sorprende. Quando si tira in ballo il fascismo, la dittatura, il regime, la libertà di stampa trovi sempre qualche pazzo che ci crede davvero. E spara».

Su Facebook c’è il gruppo «vogliamo uccidere Berlusconi». Gli iscritti sono più di seimila. Qualcuno scrive: sparare a un tiranno non è reato. È gioco o follia?
«È una linea sottile. Stiamo camminando sull’orlo di un burrone. Spero che qualcuno se ne accorga. C’è una cosa che mi sorprende. Non sentire nessun leader dell’opposizione dire: basta, finiamola con questo clima».

Ha paura, ministro?
«Sì, temo il peggio. Non ho paura solo per Berlusconi, per Fini o per Bossi. Ho paura anche per me, per la mia famiglia. Quando passeggio con la mia compagna per strada si avvicinano molte persone che mi ringraziano o mi fanno i complimenti. Ma c’è anche chi mi insulta, con queste facce cariche di odio e violenza. Non è normale tutto questo».

E ora riappare la stella a cinque punte.
«Saranno quattro esaltati. Come si chiamano?».

L’Ansa parla di sedicenti «Brigate rivoluzionarie per il comunismo combattente».
«Sedicenti? Brutto termine. Io ho vissuto gli anni di piombo. Ero nel Pci. D’Alema dice che Botteghe Oscure fece muro contro il terrorismo. Tutto vero, ma con un certo ritardo. Non ci fu una reazione immediata. All’inizio il problema fu sottovalutato. Si parlò di compagni che sbagliano e cose del genere. È per questo che bisogna stare attenti a caricare le parole».

Berlusconi ora vuole aprire una stagione di riforme. Il clima diventerà ancora più caldo?
«Sediamoci e parliamo. Ma la sinistra, perlomeno il Pd, deve dare un segnale di dialogo. Se si grida al fascismo è tutto inutile».
Le riforme toccano la Costituzione. La sinistra, in questo momento, non accetta di riscrivere neppure qualche riga. È una trincea.
«È un tabù ideologico. Certe questioni erano già state discusse dai padri costituenti. Piero Calamandrei parlava della necessità di creare un giudice terzo tra l’avvocato dell’accusa e quello della difesa. Antonio Giolitti intravedeva l’esigenza di assicurare una maggiore governabilità e disegnava la figura di un presidente eletto dal popolo. Le riforme di cui parla Berlusconi non sono bestemmie. Il presidenzialismo non è un attentato alla Costituzione e neppure la separazione delle carriere».

Come mai la stampa straniera ha un atteggiamento ostile verso questo governo?
«All’estero non capiscono la politica italiana. Non la conoscono. Si fidano delle veline che arrivano da certi giornali, che hanno una rete storica di contatti con i giornalisti e opinionisti stranieri».

Questa è un po’ colpa vostra.
«Vero. Ne ho parlato spesso anche con Bonaiuti e ci stiamo muovendo per migliorare i rapporti. Ma mi rendo conto che gli equivoci restano. Qualche tempo fa, dopo il terremoto in Abruzzo, ho partecipato a un convegno a Roma, al centro Mitterrand, con i ministri francesi. Quel giorno avevano letto un pezzo di Saviano sulle infiltrazioni camorristiche negli appalti per la ricostruzione. Niente prove, Saviano lanciava un allarme. I francesi si erano convinti che l’Abruzzo fosse ormai nelle mani della camorra. Ho faticato due ore per convincerli del contrario. Mi è capitato altre volte. La verità è che le opposizioni non gettano fango sul proprio Paese. Questo accade solo in Italia. È quello sputtanamento di cui parla Berlusconi».

Cosa pensa della posizione di Fini sull’immigrazione?
«Non mi scandalizza. Si può essere o non essere d’accordo con quello che dice, ma questo dimostra che nel Pdl si fa politica. C’è un dibattito sulle questioni fondamentali. Il contrario di quello che accade a sinistra. Lì non c’è più un leader. Non c’è un’identità. Resta l’istinto. E l’istinto della sinistra è delegittimare in ogni modo l’avversario politico del momento».

E nel Pdl?
«Cosa?».

Chi sono i nemici di Berlusconi?
«Non credo che ci siano».

Magari qualcuno che pensa già al futuro?
«Se qualcuno pensa troppo al dopo rischia di fare un errore madornale».

C’è chi accusa Tremonti di frequentare troppo i salotti buoni?
«Sospettavo che saremmo arrivati a questo. Si riferisce all’incontro dell’Aspen? Credo sia stato solo un grande equivoco. Conosco Giulio e sono pronto a scommettere sulla sua lealtà. Lì si è parlato del dopo crisi, la fase nuova per far ripartire l’economia. La necessità di aprire, appunto, anche una stagione di riforme economiche e sociali».

Toccherete anche il lavoro e l’economia?
«Dopo la giustizia e il presidenzialismo».

Riforma dell’articolo 18?
«La legislazione sul lavoro è uno di quei punti su cui è davvero necessario dialogare con la sinistra. Ma li vedo molto rigidi».

C’è Pietro Ichino. Cambiare le regole del lavoro è la sua battaglia.
«La sua, appunto.

Mi sembra che a sinistra Ichino sia piuttosto isolato».

Ministro, meglio Bersani o Franceschini?
«Bersani è più serio, ma la sua idea di partito è fuori dal tempo. Come si fa a fare le riforme con loro?».

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