Il miraggio di una rete Rai a Milano

Entro la fine della legislatura Raidue si trasferirà a Milano: parola di Umberto Bossi. E noi vorremmo prendere per buono l'impegno, perché Umberto è uomo d'onore. Ma come ignorare che ci ripetono questa promessa, mai mantenuta, da almeno un quarto di secolo? Si cominciò con i sindaci socialisti Tognoli e Pillitteri e poi, con sconfortante regolarità, giù giù fino ad oggi. Gli impegni della Lega sono parsi più credibili: Antonio Marano direttore di Raidue, un ufficio (sì, solo un ufficio!) in corso Sempione, alcuni leghisti in posti chiave. Senonchè, proprio il caso Marano, chiamato due volte a dirigere la seconda rete, giustifica lo scetticismo. Il manager leghista, infatti, ha tutte le ragioni quando quando accusa le "lobby romane" di aver strangolato la sede di Milano, culla della televisione italiana. Peccato, però, che proprio il varesino Marano abbia dimostrato, nei suoi lunghi anni in Rai, molta sensibilità ai languidi richiami della dolce vita romana, dei suoi salotti e delle sue terrazze. Nel corso degli anni per il traferimento a Milano di una rete della Tv pubblica si sono susseguiti promesse solenni di questo o quel leader politico, voti del Parlamento, impegni della Commissione di Vigilanza, ordini del giorno del Cda di viale Mazzini. Ma alla fine nulla è cambiato: Raidue e Tg2 se ne stanno tranquillamente a Saxa Rubra. E non perché tanti impegni, dichiarazioni e voti fossero in malafede.

No, semplicemente perché l'apparato, la struttura burocratica e sindacale della Rai, resiste e impedisce qualsiasi cambiamento sgradito. Non si è uccisa così anche l'Alitalia? Ma questa da noi è una regola generale: le riforme non si fanno non perché non le voglia la politica, ma perché burocrazia a sindacati le impediscono.

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