Un mister della Brianza insegna calcio in Congo

Cesana, da Coverciano all'Africa, dove segue il settore giovanile: "Più un padre che tecnico"

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C'è chi percorre quelle latitudini per allargare gli orizzonti calcistici, c'è poi chi passa il confine e non torna più indietro. L'Arsenal da tempo è convolato a nozze con il Ruanda, il Milan lavora a un accordo con la Repubblica democratica del Congo. La Repubblica democratica del Congo è grande 8 volte la quasi omonima Repubblica del Congo, ex colonia francese, terra di pigmei e di una popolazione composta al 44% di ragazzini sotto i 14 anni. È qui che Fabrizio Cesana, 61 anni spesi in buona parte in Brianza, ha messo radici. Solo 5 chilometri di fiume lo separano da Kinshasa, teatro dello The Rumble in the Jungle tra Muhammad Alì e George Foreman che esattametne 50 anni fa cambiò la storia del pugilato. A Brazzaville, invece, Cesana ha cominciato nel 2014 a scrivere una storia consegnata al futuro, divenendo di fatto il padre fondatore del calcio giovanile nazionale.

«Sì, mi farebbe piacere essere ricordato come quello che ha creato il movimento di calcio giovanile nel Paese». Tutto iniziò quasi per caso: anni di gavetta in Serie D, poi un master Uefa Pro a Coverciano. «Ho frequentato il corso con i campioni del mondo del 2006: Cannavaro, Grosso, Zambrotta e Pippo Inzaghi. Dopo il patentino, venni a sapere di questa opportunità. Non me ne sono più andato». Anzi, è stata poi la montagna ad andare da Maometto, se è vero che pochi anni più tardi furono gli Azzurri star, la selezione di ex campioni, a raggiungere Cesana in Congo per una gara amichevole. «Arrivarono Schillaci, Tacconi e il mio vecchio compagno di squadra in Caratese, Torricelli». La sfida non è stata semplice, per Cesana: far coincidere il nuovo incarico con gli impegni lavorativi della moglie, in Italia, e la crescita dei figli. «Gli italiani qui sono pochi, quelli che ci sono lavorano per l'Eni. Quest'anno, l'ambasciata italiana ha organizzato un bel torneo, proprio sui terreni Eni». Cesana forse non ha contezza, ma non è più l'uomo che era partito: «Ambientarmi non è stato facile. Qui l'allenatore è il papà di tutti, come il prete di una volta nei nostri oratori. Il problema è la convivenza dello sport con la scuola, che non ha orari troppo programmati. Ma io sono qui per dare un futuro a questi ragazzi: il Congo è un grande serbatoio per il domani». E anche per il presente, se è vero che nell'attuale Serie A due giocatori provengono da quelle terre: il cagliaritano Makoumbou e il parmense Charpentier.

«Fino alla pandemia avevamo una collaborazione con il vivaio dell'Atalanta, negli ultimi 4 anni abbiamo partecipato al Quarenghi e al Viareggio», uno dei massimi tornei di calcio giovanile a livello internazionale: «Abbiamo perso solo in finale». Cesana cresce talenti, spesso nel mirino dei campionati francesi, spagnoli o tedeschi. «Qui c'è passione, la povertà aiuta a far emergere il talento. Un mio ritorno in Italia da allenatore? Chissà...»

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