Il mistero di Buzzati a 40 anni dalla morte

Ancora un segreto di Buzzati a 40 anni dalla sua morte. "I miracoli di Val Morel" (Mondadori), la sua opera di congedo, è un dialogo sospeso con il mistero

Il mistero di Buzzati a 40 anni dalla morte

Sono tre gli ex voto tratti da "I miracoli di val Morel" di Dino Buzzati, pibblicati da Mondadori per gli Oscar, in libreria da oggi: in senso orario "Il gatto mammome", "Serpenton dei mari" e " La torre dei Dottori". Così ancora una volta l'opera di congedo di Buzzati a quanta anni dalla sua morte lascia un dialogo sospeso con l'aldilà oltre al misterod egli ex voto.

Giornalista, scrittore e pittore, Dino Buzzati morto prematuramente, amico di Gaetano Afeltra, un altro grande giornalista scomparso con il quale aveva condiviso molte cose, al Corriere della Sera come nella vita, autore di un'originale quadro di Milano con il Duomo ricoperto di neve trasformandolo in una specie di Dolomite, un paesaggio molto caro a Buzzati che amava la montagna da dove proveniva anche.

Nella Sala Buzzati di via Balzan 3, Vittorino Andreoli, Lucia Bellaspiga, con letture di Leonardo De Colle, coordinati da Lorenzo Viganò, sono stati presentati 39 ex voto disegnati dall'autore per illustrare i miracoli immaginari di Santa Rita da Cascia ciascuno affiancato da un racconto. Un modo per ricordare l'autore de "Il deserto dei tartari", personaggio enigmatico, vero dandy, personaggio eclettico e affascinante in una Milano ancora naif dove il giornalismo era una professione da veri cronisti, una vocazione per pochi determinati a volere capire il mondo e a raccontarlo.

Le fantasie di Buzzati le vediamo nella sua ultima opera di congedo "I miracoli di Val Morel" per l'appunto, fantasie che andavano dal 1500 al 1900. Buzzati era di Belluno, dove è cresciuto e dove passava sempre le vacanze. Il libro e le immagini sono nate da una serie di ex voto realizzati per uan mostra alla Galleria Cardazzo di Venezia, accompagnati da disegni e da un'introduzione di Indro Montanelli, solo in apparenza irriverente, in realtà molto affettuosa. Era un libro da guardare prima che da leggere e Montanelli scrisse anche in quelle riche: "C'è da prenderti a schiaffi e un giorno forse lo farò".

Era il 28 gennaio 1972 quando in una giornata di neve, come scrisse Romano Battaglia, "..una neve fitta, inconsueta, aggressiva", incessante, quasi a ricordare certi suoi quadri, specie quel "duomo dolomitico" aveva accompagnato l'ultima giornata in ospedale di Dino, nella stanza 201 della clinica Città di Milano, per l'esattezza. Buzzati aveva solo 66 anni e quella mattina aveva chiesto alla moglie Merina di fargli la barba, una sorta di presagio perchè la morte lo trovasse in ordine. Aveva detto ironicamente che se il suo direttore gli avesse chiesto un articolo entro sera glielo avrebbe consegnato, tanta era la passione e la dedizione che Buzzati aveva nei confronti del suo lavoro.

Era entrato al Corriere della Sera a 25 anni convinto di essere cacciato come tanti, mentre la sua stoffa di giornalista fu subito fiutata. Era sua abitudine camminare e arrivare allo zoo dei Giardini Pubblici di Porta Venezia dove stava incantato davanti alle gabbie degli animali feroci a fantasticare che cosa sarebbe successo se si fossero ribellati e se fossero scesi per le strade; un modo per sognare perchè Dino aveva una sua vita parallela che gli concedeva di evadere dalla routine. Anche con il suo "io" aveva un rapporto speciale. Si indagava sui sentimenti e persino sulla morte che cercava di canzonare. Pareva dai suoi racconti che una voce soprannaturale lo ispirasse a fantasie bizzarre ma cariche di senso: la voce del silenzio, delle streghe, delle fate, degli gnogmi. Il mistero lo avvolgeva e Montanelli stesso che lo conosceva bene disse:. Il giorno dopo scrisse di quelle fate di quegli gnomi di quel Mistero e di ciò che ci resta per ricordare la sua morte e annunciarla al mondo in un modo altrettanto soprannaturale e surreale. La pagina finale di "Val Morel" è esistenziale e poetica al tempo stesso. Un libro di 39 racconti suddivisi in altrettanti capitoli abbinati a illustrazioni fantastiche e al limite dell'impossibile: gatti vulcanici, robot, balene volanti, marziani.

E' nell'estae del 1970 che inizia a disegnare febbrilmente le tavole del libro. I primi sintomi della malattia erano già comparsi. In un anno e mezzo Buzzati ci lascia e il giorno in cui entra in clinica a Milano esce il volume, tantè che non ebbe nemmeno il tempo di poterlo presentare al pubblico. Realtà, finzione, ricordi, si alternano lasciando il lettore in balia di se stesso; temi iconografici e letterari, suggestioni infantili, un mix di rimandi, un gioco per depistare il lettore, come era solito fare l'autore. Ritrovare le radici e poi chiudere il cerchio esistenziale. Geno Pampaloni lo definiva ".. il formicolio metafico del quotidiano", un modo che aveva Buzzati per fare della realtà un labirinto non dissimile dall'ignoto.

Per "Viaggio agli inferi del secolo" e "Poema a fumetti", Buzzati aveva scelto Milano, ma per la selvezza tornava alle sue Dolomiti.

Lui non credente sperava in un miracolo che lo avrebbe salvato da quegli spilloni mentali e formiche che assalivano il suo cervello. Se si è rivolto a Santa Rita da Cascia è perchè è la "santa dell'impossibile..". Dino non disegnò il suo ex voto e "arrivò subito la chiamata al reggimento".

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