Il mistero del Caudillo Chavez ricoverato a Cuba Gli Usa: "Le sue condizioni sarebbero critiche"

Sarebbe stato operato per un cancro alla prostata. Un quotidiano di Miami: "È in condizioni critiche". A L'Avana sono arrivate in segreto moglie e figlia per stargli accanto. Lui ha mandato un messaggio su Twitter in cui non accenna alla sua salute

Il mistero del Caudillo Chavez ricoverato a Cuba  
Gli Usa: "Le sue condizioni sarebbero critiche"

A vederli, nella foto che li ritrae in una spoglia stanzetta d’ospedale, la sedia e il lettino coi piedi di ferro, la cannula con un residuo giallognolo che penzola dal lettino, stringe il cuore. Sembrano tre pensionati in posa per la foto ricordo: il presidente e il segretario della bocciofila «El Condor Pasa» in visita al vecchio amico e coscritto, il professore di ginnastica don Hugo.

Il primo, Fidel Castro, barba sfatta e faccia sempre più appesa, indossa una tuta blu su camiciola a scacchi, da cow boy, portata disinvoltamente fuori dalle brache, che sono calate sulle scarpe. Suo fratello Raul, il segretario della bocciofila, monta un paio di pantaloni cachi e un camiciotto di taglio militare, onusto di nastrini multicolori che non riescono a cancellare la convinzione che il soggetto, in una vita passata, fosse un virtuoso di bandoneon.

In mezzo c’è lui, la solita faccia da cuorcontento in scarpe da tennis e tuta tricolore: il giallo, il rosso, il blu della bandiera venezuelana, don Hugo Chavez. Il malato è lui, don Hugo, ma non sembra. Sullo sfondo si intuiscono le note in crescendo di «El quinto regimiento» e «Viva la Quince Brigada», tutto un socialismo patriottico, bolivariano e a petto in fuori.
Non dipendessero da loro, e dalle loro cervellotiche decisioni, le vite di alcune decine di milioni di esseri umani, verrebbe istintivo un moto di simpatia, per il terzetto inguaiato dall’età e dalle magagne che questa si porta appresso. Simpatia per lui soprattutto, per don Hugo, che è ricoverato dall’inizio di giugno in ospedale a Cuba e che secondo un quotidiano in spagnolo che si pubblica a Miami, El Nuevo Herald, starebbe piuttosto male.

«Un quadro clinico critico», addirittura. Un tumore alla prostata, pare. Fonti dell’intelligence americana, citate dal giornale, dicono proprio così: che «le condizioni di salute di Chavez, che si è sottoposto a intervento chirurgico nei giorni scorsi a l’Avana, sono critiche: non gravi, però critiche, complicate». E che nelle ultime ore, a Cuba sono arrivate anche sua moglie Marisabel e la figlia Rosinès, trasferite in gran segreto con un aereo militare per fargli compagnia e anche un po’ coraggio. Insomma: un momentaccio. Ma passerà. L’umore (il suo; quello dei medici non tanto) dicono che sia ottimo, caricato a pallettoni, come sempre. Proprio ieri l’altro il presidente venezuelano era comparso in tv con un breve messaggio sul suo account Twitter per congratularsi con le forze armate del suo Paese in occasione della Giornata dell’Esercito, che coincide con l’anniversario della battaglia di Carabobo, nel 1821. «Oggi è la giornata dell’esercito e il sole brilla - ha mandato a dire don Hugo - Un gigantesco abbraccio ai miei soldati e al mio amato popolo». Accenni alla sua salute, nessuno.

Che un giorno, magari anche non lontano possa passare a miglior vita, come tutti, è un’ipotesi che don Hugo, del resto, non ha mai preso in considerazione. «Improbabile» l’ha definita lui stesso, un giorno, ridendo, di fronte a una coorte di ministri e generali che ridevano come pazzi per la battuta. Quanto all’immortalità politica, quella se l’è assicurata due anni fa con la vittoria al referendum che ha cancellato dalla Costituzione del Venezuela qualsiasi limitazione al numero di mandati presidenziali. Presidente forever, dunque.
È un momentaccio, per Chavez. Ma presto, gli auguriamo, tornerà a giocare a baseball con la nazionale, a palleggiare allo stadio con Maradona e a esondare dai giornali con le sue croccanti articolesse lunghe in media sei chilometri.

In un mondo sempre più piatto e globalizzato ci mancherebbe il suo socialismo bolivariano del ventunesimo secolo, le rimpatriate col presidente iraniano Ahmadinejad, il suo populismo sbracato e caciarone (con un’inflazione al 40 per cento, una delinquenza esplosiva e una sperequazione sociale allarmante) e il folklore del suo antiamericanismo in salsa merengue. «Hugo Chavez presiede un regime di realismo magico basato sul barile di petrolio», dice lo scrittore Enrique Krauze, autore de Il potere e il delirio.

Se il prezzo del petrolio regge, consentendo a Chavez di scialare, il suo socialismo magico reggerà ancora. Ma gli illusionismi sono destinati a svanire, come bolle di sapone.

Allora, quando nei supermercati si troverà la Nutella e il whisky scozzese, ma non riso, fagioli o carta igienica (come accade talvolta con la sballata economia di don Hugo) l’impopolarità lo travolgerà. E sarà per lui come la kriptonite per Superman. Fino ad allora, lunga vita, presidente.

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