Cara Maria Luisa,
meglio un nipote scontento poiché la nonna non ha soddisfatto un capriccio piuttosto che un nipote ferito o addirittura nella tomba. Vengo attaccato a causa del mio linguaggio crudo, ma la verità è che biciclette e monopattini sono strumenti di morte. Le ragioni sono diverse: non vengono adoperati nel rispetto delle regole del codice stradale, le nostre città non sono attrezzate per questo tipo di aggeggi di locomozione, le piste su cui possono circolare sono poche e fatte male, talvolta delimitate soltanto con una striscia di vernice o, scadendo nell'eccesso opposto, con blocchi di cemento non meno perniciosi, basti considerare quello che avviene a Milano, si viaggia spesso in due, nel disprezzo anche del buonsenso, e a velocità folle. Aggiungiamoci la disattenzione tipica della società contemporanea dove siamo abituati a maneggiare i telefonini alla guida di qualsiasi mezzo e pure quando camminiamo per strada o la attraversiamo, rigorosamente con il viso inchiodato sul display dello smartphone, sia chiaro.
Si potrebbe obiettare che, a questo punto, per non correre alcun rischio ci toccherebbe chiuderci in casa. Non propongo questa soluzione, semplicemente ritengo che i monopattini vadano messi al bando e che l'habitat metropolitano non sia idoneo all'utilizzo della bicicletta, non siamo mica in campagna. Non è una mia percezione la loro pericolosità. È un fatto: soltanto lo scorso anno sono stati 21 i morti in monopattino, quasi due al mese. E ciò che preoccupa è il loro aumento esponenziale, +31,3 per cento nel giro di 12 mesi. Il prossimo anno saranno 40 o 50? Non possiamo escluderlo, anzi questo è uno scenario verosimile. A questi si aggiungano i ciclisti rimasti vittime, ben 212, con una crescita del 3,4 per cento rispetto al 2022. Milano detiene il record di deceduti in bicicletta, eppure io vengo redarguito e la sinistra organizza manifestazioni contro di me con appuntamento davanti al palazzo in cui ha sede il Consiglio regionale lombardo, ossia il grattacielo Pirelli, se oso sollevare la problematica, mettere in luce i numeri, affermare che, in nome dell'ecologismo, abbiamo reso le nostre strade insicure alla stregua di trappole mortali. Divento io il nemico per avere avuto l'ardire di proclamare nient'altro che il vero. Il politicamente corretto impone di esaltare le virtù del monopattino e della bicicletta nonché di coloro che se ne servono, quantunque non osservino alcuna basilare regola di buona condotta sulla strada, come il rispetto delle precedenze, dei semafori, della segnaletica in generale. Il monopattinista ed il ciclista, soggetti troppo spesso arroganti e maleducati, si sono persuasi che leggi, limiti, divieti e obblighi valgano solamente per gli automobilisti e non anche per loro. Il che è agghiacciante. Questa visione deriva senza dubbio da una impostazione culturale, assolutamente di marchio progressista, la quale celebra le due ruote elettriche e di conseguenza chi ne fa uso in quanto concorrerebbe alla salvezza del pianeta. I morti in bici e in monopattino sono forse eroi e martiri del cambiamento climatico? No, sono vittime della nostra stupidità collettiva.
È il trionfo della irresponsabilità, a cui tu contribuiresti donando a tuo nipote il monopattino, come se non ne avessimo già troppi in giro, impegnati a scorrazzare persino sui marciapiedi. Cara Maria Luisa, ti ci metti pure tu?
Qualche volta è necessario dire no, non accontentare, non esaudire. È il compito ingrato di genitori e nonni. Anzi, lo sarebbe, lo fu. Oggigiorno sappiamo dire solo sì, perché è più facile. Facile quanto morire in monopattino.
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