Riccardo CervelliDagli scarti alimentari, agricoli e zootecnici a energia pulita e nutrienti ecologici per i terreni. Questo circolo virtuoso è oggi reso possibile dall'utilizzo di metodologie e tecnologie innovative per trasformare le biomasse in biometano, in cui l'Italia è una volta tanto all'avanguardia. Alcuni esempi di questa eccellenza sono stati mostrati durante il Biometanoday, organizzato nel Torinese da Fca, Crf (Centro ricerche Fiat), Cnh Industrial e da due realtà dei servizi pubblici locali: Acea Pinerolese Industriale e Egea. Il perché dell'accoppiata automotive e lavorazione delle biomasse per ottenere biometano è ovvia: tra i settori in cui questo biocombustibile promette di esprimere al massime le sue potenzialità c'è l'autotrazione, insieme con la produzione di energia elettrica e per il teleriscaldamento.Da anni Fca e Cnh (veicoli commerciali, bus, camion, trattori e molto altro) sono impegnati a offrire, a fianco dei veicoli a benzina e gasolio, un'intera gamma di modelli a metano (cui si aggiungono, per dovere di cronaca, anche altri a trazione ibrida o elettrica). Ora il focus si sposta verso il biometano e, in prospettiva, anche verso una miscela di biometano e idrogeno, che consente di ridurre ulteriormente il contenuto di carbonio nel combustibile.In questo contesto, Crf, Acea e altri soggetti hanno aderito a un bando della Regione Piemonte per la mobilità sostenibile, nell'ambito del quale hanno sviluppato Panda Biomethair, un modello della celebre city-car Fiat con un motore ad hoc per il biometano, normale o con un «assaggi» di bioidrogeno.Perché il metano e, in particolare, il biometano? In primo luogo perché, ha spiegato Daniele Chiari, responsabile Product Planning e institutional relations di Fca Emea, «anche a fronte del ribasso dei prezzi di altri carburanti, il metano resta conveniente e non causa ansie da autonomia, in quanto ormai molto disponibile». E, riferendosi in particolare al biometano, ha aggiunto: «Se ragioniamo in un'ottica di emissioni di CO2 prodotte lungo tutta la filiera di produzione di un combustibile, fatte 100 quelle di un auto a benzina, con un veicolo a metano fossile scendiamo al 69%, con uno a metano fossile con un'aggiunta al 40% di biometano arriviamo al 43%, con una macchina solo a biometano si giunge al 3%. La stessa percentuale ottenuta con un'auto alimentata a elettricità prodotta con le pale eoliche». Il biometano, insomma, ha un potenziale di riduzione dell'impatto ambientale dei nostri fabbisogni energetici eccezionale. Ma solo se prodotto in un certo modo. Questo gas, infatti, si forma in maniera naturale con la fermentazione dei rifiuti solidi urbani non differenziati conferiti nelle discariche. In questo caso, liberato nell'atmosfera, il biometano è un grande responsabile dell'effetto serra. In più, c'è sempre il rischio che, in questi siti, si formi percolato che inquina le falde acquifere. Nelle aziende come Acea, invece, gli scarti biologici sono inseriti in enormi «digestori», dove in assenza di ossigeno, colonie di batteri li trasformano in biogas e in fanghi. Un processo che dura circa due settimane. Quindi il biogas viene prelevato, trasformato in biometano attraverso un processo di upgrading, e immagazzinato in gasometri. I fanghi, invece, mescolati con scarti di falciatura, dopo un periodo di essiccazione e maturazione si trasformano in compost.
Tutto il ciclo che parte dal recupero dei rifiuti organici e arriva alla produzione di energia elettrica o per autotrazione, nonché fertilizzanti non nocivi, ha il potenziale di alimentare un'«economia circolare» sostenibile e a rifiuti sempre più tendenti a zero.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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