Finale agrodolce per la settimana delle sfilate, con dati entusiasmanti per gli affari ma anche scintille tra la Camera della moda e il Comune accusato di trascurare un settore che, al di là del glamour, porta alla città un indotto da 27 milioni di euro. A lanciare il sasso è stato ieri il vicepresidente dell’associazione degli stilisti Saverio Moschillo che, snocciolando i dati della manifestazione settembrina, ha bacchettato una giunta «rea di essersi rimangiata le promesse» di finanziamento. Promesse che, a onor del vero, erano figlie della precedente amministrazione che aveva messo virtualmente sul piatto 400mila euro per l’eventodi Milano-Moda-Uomo a Palazzo Giureconsulti.
«I 400mila erano poi diventati cento - lamenta Moschillo - ma con il cambio di giunta quei soldi si sono volatilizzati. L’assessore Boeri, in conferenza, ha preferito glissare....». Uno schiaffo, secondo Moschillo, che fa il pari con il niet partigiano alle sfilate nella Loggia dei Mercanti. Mario Boselli, presidente di Camera della moda, preferisce gettare acqua sul fuoco. «Mi rendo conto che è un momento di tagli. Però faccio presente che la moda a Roma incassa 2 milioni e 700mila euro da Comune, Regione e Provincia mentre Milano che vanta 150 griffe e 72 sfilate due volte all’anno, riceve solo 500mila euro dalla Camera di commercio. Qualcosa non torna». Non fiori ma opere di bene, reclamano gli stilisti, anche se in tempi di lacrime e sangue i cittadini potrebbero non capire. «C’è un equivoco - incalza Moschillo - e cioè che i contributi non vanno intesi come un cadeau a marchi miliardari, ma come un incentivo alle migliaia di imprese che lavorano nel settore e generano un indotto di un miliardo di euro. La settimana della moda non porta solo vendite e contratti, ma fa vivere la città, riempie i ristoranti, gli aeroporti e i taxi». Istituzioni sotto accusa dunque? L’assessore Stefano Boeri non ci sta a salire sul banco degli imputati: «Non cedo alle provocazioni e parlo di cose serie. Il Comune non è un bancomat e ci sono molti modi per aiutare la moda, promuovendola all’estero (sono in questi giorni a Pechino per questo), realizzando finalmente un vero Museo della Moda e concedendo gli spazi pubblici a prezzi agevolati». Può bastare? Dal Pirellone, il delegato alla Moda Fabio Saldini sottolinea che il fenomeno non si esaurisce nel semplice momento delle sfilate, «ma significa lavoro, territori, industria: 43 mila imprese di cui solo 21 mila nel commercio e 5 mila nei servizi, con un fatturato per l’industria di 16 miliardi e per il commercio di circa 10, oltre a un numero di 560mila addetti». E il contributo della Regione quale sarebbe? «Tentiamo di sviluppare le eccellenze tecnologiche connesse alla moda sostenendo le imprese che investono ad esempio in nuovi materiali. Proprio ieri il Presidente Formigoni ed il ministro Gelmini hanno presentato un'iniziativa da quasi 120 milioni di euro di cui 9 sono proprio destinati al settore della Moda e del design. Inoltre lavoriamo per radicare sul territorio nuove imprese costituite da giovani, valorizzando le potenzialità imprenditoriali e creative. Entro ottobre verrà attivato un progetto sperimentale per sostenere lo start-up di imprese creative».
Ma le vacche magre sono vacche magre. Ne sa qualcosa anche Silvia Garnero, giovane assessora provinciale con deleghe alla Moda. «Soldi purtroppo non ce ne sono più e abbiamo dovuto abdicare anche a contributi più urgenti. Ma la mia sensazione è che il Comune sia stato un po’ latitante in generale su una questione importante. Oltre a finanziare si possono ascoltare i bisogni e cercare, come si suol dire, di fare sistema.
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