Mondo Fabris «Un reality? No sono un atleta»

Paolo Marchi

nostro inviato a Torino

Ai Giochi è Fabris-mania, ma le parole che più tornano nei suoi discorsi sono sempre umile, semplicità, genuino, umiltà. L’avere vinto un secondo oro, non ha cambiato il mondo interiore di Enrico «perché ero un pattinatore e tale sono». Gli chiedono se per un milione di euro accetterebbe di partecipare a un reality (dopo il bronzo, la stessa domanda prevedeva un’offerta di 600mila...) e lui, paziente, risponderà che «si tratterebbe di decidere se ci si accontenta di quanto già vinto o se è meglio coltivare ancora il proprio spirito sportivo. Io? Io sono estremamente contento di quanto ho vinto, comunque andranno a finire venerdì i 10mila metri, però continuerò fino a Vancouver 2010».
E questo con Marchetto ct, che a metà marzo discuterà il rinnovo del contratto con il Coni. In vista un consistente aumento dall’attuale ingaggio di 50mila euro. Dirà Fabris: «Creare un mio team e pagare io Marchetto? Spero proprio di no, non lo pago io adesso, non vedo perché dovrei iniziare a farlo da olimpionico. Spero che non vi siano problemi per lui, perché una delle cose che considero nocive del calcio è il continuare a cambiare tecnici. Maurizio mi conosce bene, soprattutto conosce le mie carenze. Tenercelo stretto è la mossa più giusta». Guai farcelo soffiare dalla Germania.
Fa specie sentirlo parlare di carenze quando nel pattinaggio si sta affermando uno stile Fabris. Senza arrossire: «Be’, a dire il vero non è da Torino che il resto del mondo guarda alla mia pattinata.

Olandesi e americani la studiano da tempo, tanto che avevano pronosticato per me grandi cose qui ai Giochi. Le mie qualità? Un’alta soglia di latticità, che spiega i miei ultimi giri in crescita (in una persona normale è di 4 millimoli, in lui di 16, ndr), e una sicurezza sui pattini che altri non hanno. Di questo (...)

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