Dalla scorsa settimana quattro redattori dalla Shehab News Agency e tre dirigenti della Quds News Network non possono più accedere ai loro account personali su Facebook.
Secondo la denuncia di uno dei protagonisti, Nisreen al-Khatib della Quds News Network, la sospensione degli account è il riflesso dell’accordo siglato all’inizio di questa estate dalla società Facebook Inc. ed il governo israeliano. Entrambe le testate con cui collaborano i professionisti “banditi” dalla piattaforma di Mark Zuckerberg hanno sede nei territori contesi della West Bank.
L’accordo di cooperazione, ufficializzato lo scorso 11 settembre, come hanno spiegato in un comunicato congiunto il ministro dell’Interno israeliano Gilad Erdan e quello della Giustizia Ayelet Shaked, nasce dall’esigenza di “mitigare l’incitamento all’odio ed al terrorismo sui social network”. Il monitoraggio e la censura dei post di “incitamento” anti-israeliani, come apprendiamo dal The Guardian, è affidato ad un team ad hoc.
Il colosso tecnologico, in un recente comunicato, ha dichiarato che sulla sua piattaforma “non c’è spazio per il terrorismo” e che quest’ultimo può esser sconfitto solo grazie ad “una forte collaborazione tra i responsabili politici, la società civile, il mondo accademico e le imprese”.
Secondo giornalisti ed attivisti, invece, si tratterebbe dell’ennesimo strumento di censura delle informazioni che giungono da Cisgiordania e Striscia di Gaza. Anche lo scrittore Premio Pulitzer Glenn Greenwald ha sottolineato i “gravi pericoli” che possono derivare da un meccanismo di controllo “irresponsabile”.
L’avvocato Aaron Mickey, socio del gruppo americano di promozione dei diritti civili nel mondo digitale Eletronic Frontier Foundation, ha dichiarato che “può diventare problematico quando una politica destinata alla prevenzione della violenza viene utilizzata come strumento di repressione delle comunità che non hanno potere”.I giornalisti coinvolti nella vicenda, come racconta Al Jazeera, si sono rivolti alla compagnia americana in cerca di spiegazioni. Dalla risposta ricevuta pare si sia trattato di un’operazione “accidentale”.
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