Arabia Saudita, il Gran Muftì difende le esecuzioni

Il Gran mufti dell'Arabia Saudita, Sheikh Abdul-Aziz Alal-Sheikh, ha difeso l'esecuzione di 47 detenuti, dicendo che in questo modo i prigionieri sono stati ''graziati" e non commetteranno altro male

Il Gran mufti dell'Arabia Saudita, Sheikh Abdul-Aziz Alal-Sheikh
Il Gran mufti dell'Arabia Saudita, Sheikh Abdul-Aziz Alal-Sheikh

Il mondo sciita si è indignato per l'esecuzione di Nimr al-Nimr. Le autorità dell'Arabia Saudita si difendono, ribadendo che "non si è trattato di procedimenti speciali, ma di normali processi in cui sono stati garantiti i diritti della difesa". Ed anche il Gran mufti saudita, a Sheikh Abdul-Aziz Alal-Sheikh, ha difeso l'esecuzione, paragonandola ad una ''grazia ai prigionieri'', in quanto la morte eviterà loro di commettere altro male e di causare caos. Il muftì ha poi ricordato che le esecuzioni sono state condotte nel rispetto della Sharia, la legge islamica, e con l'obiettivo di tutelare la sicurezza nel Regno.

In Arabia Saudita le condanne a morte sono eseguite tramite decapitazione con la spada, salvo alcuni casi in cui viene usato il plotone d'esecuzione. In determinate circostanze le esecuzioni avvengono in pubblico. A esecuzione avvenuta, i cadaveri con le teste mozzate vengono lasciati esposti. In molti casi le famiglie dei prigionieri non vengono informate dell'imminente esecuzione e vengono a saperlo solo dopo, talvolta attraverso notizie di stampa.

In base a una

rigida applicazione della sharia in Arabia Saudita, sono punibili con la pena di morte i reati di terrorismo, omicidio, stupro, rapina a mano armata, sabotaggio, adulterio, sodomia, omosessualità, stregoneria e apostasia.

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