L'attaco che Trump ha sferrato contro Assad ha suscitato la reazione di diversi Paesi. Giovedi sera il presidente turco Recep Tayyip Erdogan aveva invitato Trump a "passare dalle parole ai fatti" contro il regime di siriano, assicurando che la Turchia sarebbe stata "pronta a fare la propria parte". In passato l’attendismo di Obama aveva infastidito Erdogan, che ora invece può "esultare" per i 59 "tomahawk" americani. A confermare la soddisfazione del presidente turco è il suo portavoce, Numan Kurtulmus, che ha ribadito che Ankara "ha accolto positivamente" l’azione militare Usa contro Damasco, auspicando che si tratti di un primo passo verso "un'azione compatta" della comunità internazionale contro "la barbarie" di Assad.
"Il nostro presidente è stato chiaro, le parole non bastano, servono i fatti. L’azione militare realizzata dagli Usa è per noi un segnale importante e significativo. Tuttavia ci aspettiamo un sostegno concreto e deciso da parte della comunità internazionale per fare in modo che il barbaro regime di Bashar el Assad non possa più nuocere alla popolazione civile. Accogliamo con soddisfazione l’azione compiuta dagli Usa e ribadiamo la necessità che il regime di Damasco venga punito duramente in ambito internazionale".
Di segno diametralmente opposto è la reazione di Teheran, stretta alleata di Damasco. "L' Iran condanna con fermezza tali attacchi unilaterali. Queste misure rafforzeranno i terroristi in Siria e complicheranno la situazione in Siria e nella regione". Lo ha detto il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Bahram Qassemi, citato dall'agenzia di stampa Isna.
Due giorni fa l'Iran aveva condannato "qualsiasi uso di armi chimiche" in Siria, sottolineando però che la responsabilità dell’attacco di martedì a Idlib poteva essere individuata maggiormente tra i "gruppi terroristici" che tra le forze di Assad.
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