Australia, arriva la legge per violare il segreto confessionale

In Australia è stata votata una legge che introduce l'obbligo di violazione del segreto confessionale. I parroci chiamati a denunciare gli abusi sessuali

Australia, arriva la legge per violare il segreto confessionale

L'Australia prende le misure dopo lo scandalo relativo agli abusi ai danni di minori che ha travolto la Chiesa cattolica.

L'emersione di una "tragedia nazionale", così com'è stata denominata, ha contribuito a far sì che la Camera di Canberra approvasse, come riportato da Tempi, una legge dalla portata storica: i sacerdoti che, durante il sacramento della confessione, dovessero ricevere notizie relative ad ammissioni di colpe, dovranno violare il sigillo sacramentale. Il tema di fondo, manco a dirlo, è quello della pedofilia.

La Commissione d'inchiesta del governo australiano, alla fine dello scorso anno, ha pubblicato un dossier secondo cui il 60% degli episodi presi in esame si sarebbe svolto in ambito ecclesiastico. Poi c'è il processo al cardinale George Pell, prefetto della Segreteria per l'Economia della Santa Sede, che si sta difendendo da accuse non ancora rese note nelle loro specificità, ma che dovrebbero riguardare coperture e casi di cui il porporato australiano sarebbe il diretto responsabile. La vicenda, insomma, sta assumendo tratti simbolici. Così come quella cilena, per la quale si è dimesso l'intero episcopato della nazione Sudamericana.

I sacerdoti, tuttavia, hanno il dovere di non violare il segreto confessionale. La sensazione è che in Australia si voglia intervenire sulle responsabilità di chi, pur essendo a conoscenza dei fatti, è solito non segnalare le informazioni di cui è venuto a conoscenza alle autorità competenti. Il clero, ricorda la rivista citata, non può in alcun modo venire meno all'obbligo di non rivelazione. La "pena" prevista dalla Chiesa cattolica per chi svela quanto detto in sede di confessione è la scomunica. Al Papa, al limite, spetta la libertà di revocarla.

La notizia è stata commentata dall'arcivescovo Mark Coleridge. "La Chiesa cattolica - ha dichiarato il prelato - non vede il sigillo sacramentale incompatibile con la tutela della sicurezza dei bambini". "La Chiesa - ha aggiunto Coleridge - vuole misure che effettivamente rendano gli ambienti più sicuri per i bambini". Ci sarebbero prove, secondo la visone dell'uomo di Chiesa in questione, che l'abolizione per legge del sigillo sacramentale non comporti grossi vantaggi in termini di trasparenza.

Uno degli effetti prodotti, invece, sarebbe quello per cui sempre meno persone si recherebbero in confessionale. Gli autori di abusi, sapendo che un sacerdote ha la facoltà giuridica, e anzi il dovere, di denunciare la persona responsabile, con ogni probabilità, non avrebbero più motivi validi per recarsi da un prete. "Se il segreto viene rimosso - ha sottolineato l'arcivescovo Prowne su Canberra Times - la remota possibilità che queste persone si confessino e così possano essere spinte e consigliate a denunciarsi presso le autorità civili svanisce". Un ragionamento che sembra seguire una logica di base.

I vescovi australiani si stanno opponendo all'introduzione di questo provvedimento legislativo, ma la Royal

Commission ha consigliato questa misura. La battaglia contro la pedofilia rischia di modificare per sempre l'obbligo di conservazione del segreto assoluto, quindi non derogabile, delle verità rivelate in confessionale.

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