Le finali Nba sono in corso. I Golden State Warriors conducono per due a zero. La sfida continuerà questa notte, ore 3.00 italiane, con la prima partita in quel di Cleveland. LeBron James è chiamato al miracolo dopo che Stephen Curry e compagni hanno sofferto, ma vinto, in gara uno e dominato in gara due.
Già si sostiene che, nel caso il "Re", non dovesse riuscire nell'impresa, allora chiederebbe il trasferimento in un'altra squadra. Magari a Philadelphia, dove troverebbe una buona base per tornare alla vittoria. Oppure, ancora, ai Los Angeles Lakers, dove proverebbe a riportare la città degli angeli in vetta alla classifica della lega di basketball più celebre al mondo.
Non è mancato qualche screzio sul campo per decisioni contestate. Non sempre i giocatori sono d'accordo sui fischi arbitrali. Proprio LeBron ha inscenato una protesta plateale dopo il cambio di una sanzione relativa a un fallo di sfondamento di Kevin Durant.
Su una cosa, però, sembrano essere tutti concordi: chiunque vincerà la serie non si recherà da Donald Trump. Come riportato da La Gazzetta dello Sport, James ha dichiarato che:"Comunque finiscano queste Finals, la squadra che vince non andrà da lui". Gli ha fatto eco Stephen Curry, che oltre a essere impegnato a mantenere la fama di "miglior tiratore da 3 punti di tutti i tempi", cosa che gli riesce benissimo, ha trovato anche il tempo per dichiarare di pensarla alla stessa maniera di James.
Già la stagione passata i Golden State Warriors avevano rinunciato al cerimoniale di premiazione presidenziale. Lo sport americano è, quasi nella sua totalità, schierato all'opposizione di The Donald. Un filone che è continuato con la mancata accettazione dell'invito alla Casa Bianca da parte degli Eagles, squadra che ha vinto il campionato di football in Nfl.
"Avevo invitato gli Eagles ma solo una piccola parte di loro aveva accettato, quindi abbiamo cancellato l'evento - ha dichiarato Trump, come sottolinea sempre il quotidiano sportivo milanese -. Stare nello spogliatoio mentre suona il nostro inno nazionale è irrispettoso quanto inginocchiarsi". James ha replicato piccato:"Temo che fino a quando rimarrà in carica queste cose continueranno ad accadere, perché ci sono molte cose in cui crediamo come Americani che sentiamo lui non rappresenti". E ancora:"...c'è tanta gente che pensa lui non rappresenta il popolo o che faccia cose giuste per il popolo. Ma non voglio che questa cosa cancelli l'incredibile risultato ottenuto dagli Eagles vincendo il Super Bowl: devono essere per sempre considerati campioni, non lasciamo che un mancato invito privi loro di questo momento. Penso che vincere un titolo sia molto più importante di essere invitati alla Casa Bianca. Soprattutto se lì c'è lui".
Anche Steve Kerr, l'ala piccola dei Bulls ai tempi di Michael Jordan, è intervenuto a sostegno di quanto dichiarato da Lebon.
Kerr, come i lettori ricorderanno, è attualmente l'allenatore della squadra che sta contendendo al "Re" l'anello Nba:"Non mi sorprende - ha dichiarato il coach americano - il presidente ha da tempo fatto capire che vuole dividere gli americani per il suo tornaconto politico. Penso che tutti non vediamo l'ora che questo torni ad essere la celebrazione di un gran risultato sportivo". Il basket americano, in sintesi, è unito nell'antitrumpismo militante.
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