Bombe sulla scuola Onu Tregua impossibile a Gaza

Colpito un istituto nel nord della Striscia: 17 morti, tra cui molti bimbi e personale delle Nazioni Unite. L'esercito israeliano apre un'inchiesta

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Un'altra tragica disgrazia ieri si è abbattuta sulla guerra contro Hamas: nella località di Gaza di Beth Hanun qualcosa (Tzahal sostiene un missile palestinese che ha sbagliato strada, i palestinesi un proiettile proveniente da un carro armato israeliano ma non si sa ancora) ha causato l'eplosione letale di un edificio dell'Unrwa, l'ente Onu per i profughi, causando la morte di 17 persone, tra cui molti bimbi e membri dello staff delle Nazioni Unite. È una tragedia che immediatamente non solo i palestinesi ma anche la stampa internazionale hanno attribuito a intenzioni malvage degli israeliani. Le condanne si moltiplicano. La verità è però complessa: l'esercito non ha nessun interesse né intenzione di colpire civili palestinesi, al contrario di Hamas che invece cerca in tutti i modi il sangue dei civili israeliani. I suoi «combattenti» ieri, tuttavia, sono stati immortalati in alcune foto a Shajaya - teatro sabato scorso di una durissima battaglia con circa 70 morti - con le mani alzate in segno di resa di fronte ai soldati israeliani.

Mentre si cerca in queste ore di capire, conviene ricordare che le strutture dell'organizzazione dell'Onu per i profughi palestinesi come tanti ospedali, scuole, case di Gaza, sono state in questi tempi usate come deposito d'armi e centro di organizzazione di Hamas. L'hanno denunciato gli stessi impiegati dell'organizzazione, riferendo che in due scuole erano stati stoccati centinaia di missili. La disgrazia getta sale sulla ferita della decisione presa ieri dal Consiglio dei diritti umani, (Unhrc) dell'Onu di stabilire una commissione d'inchiesta per stabilire se Israele sia colpevole di crimini di guerra. Una pretesa molto pesante, certo non nuova, una specie di fissazione ripetuta. Non è del tutto chiaro perché il Consiglio dalla sua nascita ritenga suo compito primario aggredire lo Stato d'Israele. Stavolta si poteva sperare che ci andasse un po' più piano: Ban Ki Moon, in fondo il suo capo (anche se la commissaria è Navy Pillay, una signora africano-indiana intessuta di odio per lo stato ebraico) aveva appena, a fianco di Netanyahu, tenuto un'inusitata presa di posizione sostenendo la piena responsabilità di Hamas e il diritto di Israele a difendersi. Oltre al desiderio di fungere da mediatore come Kerry e il presidente egiziano Sisi, forse Ban ki Moon era stato spinto da buon senso condiviso anche dalla Ue, e dagli Stati Uniti, in queste ore alla ricerca di una tregua che potrebbe essere boicottata dalle posizioni del Consiglio, col suo proverbiale disprezzo onusiano per lo Stato ebraico.

Hamas ha irrorato la popolazione civile di tre quarti d'Israele con 2400 missili paralizzando la vita di un intero paese, spargendo distruzione e terrore. Quando Israele ha reagito Hamas ha usato senza freno i suoi cittadini come scudi umani, piazzando i suoi depositi di missili, i suoi lanciarazzi, le sue gallerie fra la povera gente di Gaza. Ma il consiglio non conosce né storia né buon senso: 29 paesi hanno votato a favore, 17 si sono astenuti, solo gli Usa hanno votato contro la criminalizzazione di Israele. Anche l'Italia non ha avuto il coraggio di votare contro, cosa che invece fece quando nel settembre del 2009 il Cosiglio votò la risoluzione del giudice Goldstone sulla guerra di Gaza «Oferet Yezuka»: stabiliva che Israele era un criminale di guerra. Pochi mesi dopo, con un famoso articolo sul Washington Post . Il giudice ritrattava le sue conclusioni, spiegando che erano costruite sulle testimonianze delle Ong che avevano tutto l'interesse a descrivere come civili gli armati di Hamas e a celare l'uso dei civili come scudi umani. Ma non è servito a niente, ci risiamo: allora una serie di politici, fra cui Tzipi Livni, la leader dello schieramento per la pace, e alcuni rispettati militari si trovarono a rischio di essere arrestati ogni volta che mettevano piedo all'estero. Una volta a Londra dovettero restare dentro l'aereo appena atterrato, per decollare di nuovo, inseguiti come criminali, verso Israele. Nel 2002 dopo un migliaio di uccisi dal terrore dell'Intifada, l'allora «commissione» per i diritti umani si rifiutò di condannare il terrore. Nel 2013, con tutte le stragi siriane, le teste tagliate, le crocifissioni, il Consiglio ha dedicato a Israele quasi metà delle sue risoluzioni, 45 su 100. E così anche nel 2012, 39 su 91. Un automatismo mortale per il senso morale di tutto il mondo, che l'Onu dovrebbe difendere dall'ingiustizia. Nel marzo scorso in un solo giorno il Consiglio ha votato 5 risoluzioni anti-israeliane, un episodio non inconsueto.

Su 17 sessioni urgenti, mentre si moltiplicavano le centinania di migliaia di morti per terrore e guerre, sette sono state dedicate a Israele e, per confrontare i dati, solo 4 ai massacri siriani di 150mila persone. Israele cerca in queste ore la verità su Beth Hanun, il Consiglio solo la prossima bugia.

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