Brexit, la Scozia potrebbe riscrivere l'asset strategico della Nato

La più grande base missilistica della Gran Bretagna si trova in Scozia ed ospita l'intera forza strategica inglese. Edimburgo potrebbe indire un nuovo referendum prima del completamento dei negoziati britannici con Bruxelles

Brexit, la Scozia potrebbe riscrivere l'asset strategico della Nato

Le ripercussioni sulla postura strategica dell’Alleanza, dopo la decisione della Gran Bretagna di uscire dall’Unione Europea, potrebbero essere imprevedibili, qualora la Scozia indicesse un nuovo referendum per l’indipendenza dal Regno Unito. La capacità deterrente della Royal Navy si basa si quattro sottomarini classe Vanguard, armati con missili balistici Trident-II con testate Mirv/Marv. Sebbene relativamente moderni, i sottomarini a propulsione nucleare entrati in servizio nel 1990, necessitano di continui interventi di manutenzione. La più grande base missilistica della Gran Bretagna, la Her Majesty's Naval Base Clyde, a 25 miglia da Glasgow, in Scozia, è stata costruita alla fine degli anni ’50. E’ utilizzata anche dalla Marina statunitense per i suoi sottomarini strategici e di attacco. Preoccupazioni, per il futuro di queste strutture, sono già state sollevate in previsione dell’ultimo referendum per l'indipendenza della Scozia. Il Partito Nazionale Scozzese ha sempre spinto per la soppressione della flotta Trident con sede a Faslane. Poche ore dopo il referendum sull'adesione all'UE, quello in cui i residenti scozzesi a differenza delle loro controparti inglesi, hanno votato in modo schiacciante per rimanere nel blocco, se ne profila un altro all’orizzonte in tempi brevi. La Scozia, infatti, potrebbe indire un nuovo referendum prima del completamento dei negoziati britannici con Bruxelles. Qualora raggiungessero l’indipendenza, gli scozzesi hanno già confermato la volontà di chiudere la base sottomarina con la sua componente Trident entro il 2020. Il problema nasce proprio sulla possibile nuova collocazione dei sottomarini Vanguard, asset fondamentale nello scacchiere strategico della NATO. Londra, attualmente, non ha una struttura praticabile in grado di soddisfare tutti i requisiti di sicurezza e di manutenzione per la movimentazione e lo stoccaggio delle armi nucleari. Qualora si trovassero i fondi, che ad oggi non ci sono, ci vorrebbero dai 15 ai 20 anni per costruire un sito alternativo. Sarebbe opportuno rileva un dato. Tra il 2008 e il 2013, il Ministero della Difesa inglese ha registrato 316 incidenti di sicurezza nucleare. Questa definizione generale include tutto: dalla contaminazione radioattiva al non aver seguito i protocolli di sicurezza standard. Tre quarti dei 262 incidenti registrati tra il 2008 ed il 2012 sono imputabili ad un errore umano. Proprio nella base di Clyde nota come Faslane, si sarebbero verificati la maggior parte degli incidenti che però, precisano dal Ministero della Difesa inglese, non hanno mai causato danni a militari e civili. L’opzione migliore per gli inglesi, sulla carta, sarebbe la struttura di Devonport, la più grande base navale in Europa occidentale. Il problema è che si trova poco distante dalla città di Plymouth, dove vivono 250.000 persone ed ospita decine di sottomarini in disarmo. Nella base inglese si sono verificati alcuni incidenti, compresa la perdita di alimentazione per 90 minuti al sistema di raffreddamento del reattore di un sottomarino nucleare. Preoccupazioni confermate anche da un documento del 2011, precedentemente classificato e poi reso pubblico, sulla pericolosità dei reattori nucleari dei sottomarini basati a Devonport. Nonostante lo scafo di un sottomarino sia progettato per contenere la maggior parte del materiale radioattivo all'interno, qualche perdita è ritenuta probabile. Se un sottomarino nucleare dovesse esplodere a Devonport, contaminerebbe nell’immediato un’area di due chilometri, raggiungendo Plymouth. Il problema dei reattori ad acqua pressurizzata è noto. Qualora cedesse il circuito primario, si potrebbe verificare un immediato aumento della temperatura del reattore con possibile rilascio di radiazioni dal nocciolo. Un episodio simile, per intenderci, alla tragedia del K-19, nel 1961. Il problema è che proprio a Devonport gli inglesi hanno ancora otto sottomarini dismessi per un totale di 25 tonnellate di barre di combustibile nucleare. Ed il numero dei sottomarini nucleari dismessi continuerà ad aumentare, considerando che altri quattro battelli giungeranno a Devonport entro i prossimi sette anni. La classe Vanguard, infatti, sarà sostituita nel 2030/2035 dalla serie X ed il governo inglese dovrà garantire i fondi per un nuovo asset basato sui Trident, pena la fine della capacità deterrente sub-lanciata del paese, integrata nella Nato.

Brexit, un errore di valutazione

Nel futuro immediato, l’uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea non dovrebbe avere alcun effetto significativo sulla tattica strategica dell'Alleanza. La cooperazione sulla difesa resterà invariata poiché in vigore anche al di fuori delle istituzioni comunitarie. La Gran Bretagna, storica piattaforma l'Europa ed il Nord America, dovrà però avviare la ricerca di una nuova base sottomarina con fondi che dovranno essere stornati dagli altri programmi della difesa. L’importanza strategica di Faslane, andrebbe inserita anche nel nuovo scacchiere venutosi a creare nel GIUK gap, dopo la ripresa dei pattugliamenti strategici dei sottomarini russi. L’incapacità di operare da Faslane, preoccupa anche Washington. Il Pentagono potrebbe essere costretto ad ospitare i sottomarini inglesi nella Naval Submarine Base di Kings Bay, in Georgia, comando della Flotta Atlantica Usa.

Con il senno di poi, il Pentagono ed il Ministero della Difesa inglese hanno sottovalutato la spinta Brexit, supponendo erroneamente che il popolo inglese non avrebbe mai lasciato l'Unione europea. Un altro errore di valutazione sulla Scozia, potrebbe essere fatale per l’asset strategico inglese e della Nato.

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