Quel business che va avanti anche sotto le bombe: il bunker delle surrogate a Kiev

Decine di bimbi nati da madri surrogate parcheggiati in un bunker a Kiev in attesa di essere consegnati ai genitori: è il business dell'utero in affitto che va avanti nonostante la guerra

Quel business che va avanti anche sotto le bombe: il bunker delle surrogate a Kiev

A Kiev ci sono donne e bambini di serie "B", che non possono mettersi in viaggio sui treni in partenza per l’Ovest, presi d’assalto da centinaia di migliaia di profughi in cerca di salvezza. Sono le madri surrogate costrette a restare in Ucraina per portare a termine la gravidanza su commissione. Una settantina, al momento, soltanto quelle contrattualizzate dalla Biotexcom, secondo quanto rivela all’Huffington Post Irina Isaenko, manager della stessa clinica, una delle più rinomate nel campo dell’utero in affitto.

Portare mamme e bambini al sicuro fuori dal Paese è sembrata sin dall'inizio un'ipotesi fuori discussione. La pratica, infatti, è vietata nella maggior parte degli Stati europei e si andrebbe incontro ad una serie di problemi dal punto di vista legale. In poche parole, al momento del parto, la surrogata verrebbe considerata per quello che è, e cioè la madre naturale del bambino che porta in grembo. Così la clinica, già prima che piovessero i primi missili russi in territorio ucraino, ha allestito un bunker sotterraneo poco distante da Kiev per ospitare i neonati e i genitori acquisiti attesi nella capitale per prelevare il proprio bebè.

Le immagini pubblicate sul sito web della Biotexcom fanno impressione. I neonati vengono presi dall’ospedale e scortati da uomini armati all’interno di un sotterraneo, dove saranno accuditi da alcune infermiere. Il rifugio, viene spiegato in un secondo filmato da una delle addette della clinica, può contenere oltre duecento persone. All’interno c’è tutto il necessario per sopravvivere anche diversi giorni in caso di attacco. Dalle maschere antigas alle scorte di pannolini, salviettine e latte in polvere, fino ai kit di primo soccorso. "La clinica internazionale Biotexcom non ferma il suo lavoro e assicura la sicurezza dei bimbi nati durante la guerra", assicura la società.

"Il capo dei medici della clinica – spiegano ancora dall’azienda - preleva personalmente i bambini dai reparti di maternità degli ospedali di Kiev e assieme ai colleghi, accompagnati dai volontari del battaglione Karpatska Sich, li porta in un luogo sicuro". "I bambini nati in questi giorni non hanno nessun bisogno e sono al sicuro, di loro si prendono cura le baby sitter e sono in attesa che migliori la situazione e finalmente potranno stare con i loro genitori", assicura all’Huffington Post la manager. La procedura è la stessa per tutti: le mamme vengono trasferite a Kiev una volta raggiunto il settimo mese di gravidanza e dopo il parto i bimbi vengono spostati nel bunker. Isaenko rivela al sito di informazione che tra gli ultimi nati ci sarebbero anche due bimbi commissionati da coppie italiane.

Insomma, neppure la guerra riesce a fermare il business che in Ucraina coinvolge una trentina di cliniche private e cinque statali. Nessuno, evidentemente, ha intenzione di rinunciare ai soldi che i clienti hanno già versato. I pacchetti vanno dai 39mila ai 65mila euro. Alle surrogate ne spettano circa 10mila. Secondo quanto si legge sul settimanale Tempi, nei prossimi tre mesi soltanto dalle madri surrogate assunte dalla Biotexcom dovranno nascere circa 200 bambini.

Piccoli con un futuro incerto, perché se è vero che per ora nessuno ha rinunciato al proprio bebè, anche correndo il rischio di avventurarsi in un Paese in guerra, sono ancora vive nella memoria le immagini delle decine di bebè parcheggiati per mesi nell’Hotel Venezia di Kiev durante il lockdown della primavera

del 2020, o la vicenda della bimba di 16 mesi abbandonata a Kiev dai genitori che non la volevano più. Solo che adesso fuori dal bunker ci sono i carri armati, una città assediata e una battaglia che si preannuncia senza quartiere.

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