Si chiamava Raphael Hostey, ma si faceva chiamare Abu Qaqa al-Britani da quando era andato in Siria a combattere. E con questo nome reclutava a Manchester, città dove era cresciuto, centinaia di uomini da spedire nelle terre del sedicente Califfato o da usare negli attentati su suolo britannico. Conosceva, rivela oggi il Daily Mirror, Salman Abedi e con ogni probabilità è stato lui a portarlo sulla strada dell'integralismo e del terrorismo. Ne sono convinti gli inquirenti che da ieri scavano nella vita e nelle amicizie pericolose del boia delle bambine di Manchester. Di sicuro le due famiglie, quella di al-Britani e quella di Abedi, si conoscevano. Stesso background salafista, stesso quartiere, stesso ambiente. A pochi metri dalla Whalley Range High School, il liceo frequentato da due ragazze che tre anni fa fecero scalpore, scegliendo di fuggire in Siria per contribuire alla causa dell'Isis. Una strada, quella di Salma e Zahra Halane, 16 anni all'epoca dei fatti, che un anno prima era stata aperta dal giovane Hostey. Come avrebbe fatto Abedi lo scorso anno, anche il suo presunto reclutatore aveva deciso di lasciare a metà gli studi universitari alla John Moore University di Liverpool. Si era radicalizzato attraverso alcuni video, e aveva scelto di partire.
Da allora si hanno di lui solo alcune foto: in una lo si vede con un volto quasi da adolescente, ed il cappuccio di un giubbotto tirato sulla testa. La seconda è ben più minacciosa: il giovane che adesso si fa chiamare al-Britani si fa riprendere in tenuta da battaglia, con due fucili automatici incrociati tra le braccia ed il viso fasciato a lasciar fuori solo gli occhi, al riparo di due spesse lenti da vista. Inizia anche la sua carriera di reclutatore, via Internet. Agli amici rimasti in Gran Bretagma, con i suoi tweet e i suoi messaggi, parla del Califfato e del sogno di avere "una bella moglie" in dote. In cambio "bisogna rispondere alla chiamata alle armi" di Daesh. Lui però una moglie l'aveva già, ma aveva preferito lasciarsela alle spalle, a Manchester, con il loro figlio di pochi mesi. Aveva preferito la compagnia di Khalil Raoufi e Mohammed Javeed, ventenni come lui e insieme a lui partiti dalla Gran Bretagna verso il paradiso dell'integralismo. Qui, nel 2013, era stato ferito gravemente nel corso di un attacco lanciato dagli uomini del presidente siriano Bashar Assad. Si era ripreso, aveva fatto carriere: ufficiale delle forze dello pseudocaliffato e più tardi un posto dietro alla scrivania da alternare alle missioni operative.
Al Britani sapeva usare il computer, e la macchina della propaganda di Daesh si è sempre fatta forte di uomini con queste qualità. Eccolo allora intensificare i suoi tweet, i suoi messaggi su Facebook e i contatti diretti via web. Inneggia, quando è l'anniversario, alla strage di Charlie Hebdo, invita a riprendere la lotta con più forza quando iniziano a registrarsi i primi rovesci sul terreno. L'Occidente è sempre il nemico, da combattere su ogni fronte. Continua a inneggiare al jihad anche quando, nel febbraio del 2014, Raoufi che ora si fa chiamare Abu Layth perde la vita in combattimento. Javeed, l'altro compagno di avventura, si farà esplodere in un attentato kamikaze in Iraq di lì a poco. Anche i suoi giorni però sono segnati. E' il maggio 2014 ed un drone lo fulmina dal cielo, insieme a tre altri foreign fighter occidentali.
Contemporaneamente dalla Casa Bianca Barack Obama annuncia con soddisfazione che Daesh perde terreno: 40 percento in Iraq e 10 percento in Siria. La morte di Abu Qaqa al-Britani viene considerata dagli esperti "un momento di svolta" perchè, finalmente, la rete dei terroristi di Manchester appare smantellata. In realtà i semi dell'odio erano già stati piantati.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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