L'attentatore suicida della metropolitana di San Pietroburgo sarebbe legato a gruppi islamisti radicali vietati in Russia e aveva legami con combattenti siriani. I servizi segreti di Mosca sapevano della preparazione di attentati terroristici: erano stati avvertiti da un russo che collaborava con i tagliagole dello Stato islamico ed era detenuto dopo essere tornato dalla Siria. L'uomo, però, era un militante di livello inferiore e le informazioni fornitegli non sarebbero state complete.
"A giudicare dalle lesioni ha agitato un kamikaze", spiegano i servizi russi. L'ordigno era attaccato al corpo: o si trovava nello zainetto o lo teneva addirittura in mano, ma a livello della pancia. "Questo - fanno sapere gli 007 di Mosca - è dimostrato dal fatto che tutti coloro che si trovavano nelle vicinanze hanno lesioni proprio in quella zona". Sul luogo dell'esplosione sono stati trovati molti frammenti dei corpi delle vittime, non soltanto del presunto terrorista. "La sua identità è stata definita in via preliminare: è davvero originario dell'Asia centrale e aveva contatti con i combattenti siriani". Il nome che sta girando in queste ore è quello del 22enne kirghiso Akbarjon Djalilov, ma non c'è ancora nulla di certo.
Secondo le ricostruzioni preliminari, il terrorista non si trovava troppo lontano dalle porte del convoglio. Si è posizionato più verso la parte centrale del vagone dove, come spiega la fonte vicina ai servizi segreti, "è stata trovata la sua mano con dei fili, subito portati ad esaminare".
Sempre la stessa fonte ha confermato che l'ordigno, responsabile della strage, era simile a quello trovato inesploso nella stazione di "Ploshad Vostannaya". La potenza era di 200-300 grammi di tritolo ed era pieno di elementi lesivi, come palline e dadi di metallo. Gli esami in corso stabiliranno se la bomba esplosa si trovasse in un estintore.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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