Crisi kazaka di inizio gennaio: parla Tokayev

Il presidente del Kazakistan, Kassym-Jomart Tokayev, torna a parlare. E spiega cosa sta accadendo nel Paese

Crisi kazaka di inizio gennaio: parla Tokayev

Sembra che sia accaduto ieri, ma, invece, è quasi trascorso un mese dall'esplosione delle periferie di quella nazione-continente che è il Kazakistan. Un'esplosione durata all'incirca una settimana, che ha avuto Almaty quale suo epicentro e che ha costretto la presidenza a chiedere l'aiuto dell'Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, ma che, oggi, a distanza di quasi un mese, va assumendo la forma di uno strano ricordo. Ricordo perché appartenente al passato, strano perché il Kazakistan indipendente non ha mai vissuto episodi del genere.

Un comitato investigativo è stato già istituito e avrà la missione di fare luce su origini e moventi di quella settimana di sedizione che sembra essere stata il frutto di un intrigo coinvolgente elementi domestici, combattenti stranieri e oligarchi residenti all'estero. E una nuova stagione di riforme è da poco iniziata, in tempi record, e servirà uno scopo preciso: creare un modello socioeconomico realmente arricchente che, producendo una prosperità condivisa, sia in grado di eliminare quelle sacche di malessere e disuguaglianza abilmente strumentalizzate dai nemici della presidenza Tokayev.

Dopo aver trascorso l'intero mese di gennaio in dialogo costante con le forze parlamentari, il presidente Kassym-Jomart Tokayev ha voluto infine parlare dei fatti di inizio anno in televisione. Parlando ai microfoni di Khabar 24, Tokayev ha rilasciato un'intervista-fiume, dove ha toccato una grande varietà di temi: dal tentativo di cambio di regime allo status delle indagini, passando per il futuro politico ed economico della nazione.

Tokayev, in primo luogo, ha profittato dell'opportunità di parlare in televisione per rassicurare l'opinione pubblica: il processo riformistico in direzione della democratizzazione, estrinsecato dalla formulazione della dottrina dello Stato che ascolta, continuerà. E lo stesso presidente, in carica dal 2019, darà e sarà l'esempio di questo percorso, essendo sua intenzione rispettare il limite costituzionale dei due mandati.

Per quanto riguarda la crisi di inizio anno, invece, Tokayev ha svelato alcune informazioni. In particolare, "molti dei militanti, inclusi i loro capi, hanno lasciato Almaty, alcuni sono fuggiti nell'entroterra, e altri sono scappati nei Paesi vicini attraversando il confine". Il presidente ha ricordato, poi, che la polizia non aveva utilizzato i manganelli sui dimostranti allo scoppio delle proteste: l'impiego della forza è cominciato nel momento in cui le dimostrazioni sono state egemonizzate, e in seguito monopolizzate, dai facinorosi alla ricerca del golpe.

Rimanendo in tema di utilizzo della forza, Tokayev ha legittimato l'ordine di sparare a vista emesso il 7, all'acme della sedizione, perché, a quel punto, la mobilitazione genuina si era trasformata in un tentativo di rovesciamento dell'ordine costituito. L'ordine, come è noto, era costato diverse critiche al presidente kazako, anche da parte di alcuni membri della comunità internazionale, ma in gioco v'erano "gli interessi dello Stato e la sicurezza dei cittadini".

Tokayev, inoltre, ha voluto profittare dell'intervista per sfatare personalmente alcune congetture circolate nei giorni della sedizione, nello specifico quelle relative a una presunta faida con l'ex presidente e padre fondatore della nazione Nursultan Nazarbaev e all'intervento-trappola dell'OTSC.

Parlando della decisione di assumere la guida del Consiglio di sicurezza, Tokayev ha spiegato che non sarebbe stata il risultato di dissapori con

Nazarbaev, quanto l'esito concordato di una discussione in merito. Mentre l'intervento dell'OTSC, contrariamente alla vulgata, sarebbe stato avallato senza precondizioni; ragion per cui il Kazakistan non è in debito con la Russia.

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