La "scomparsa" dei figli Down: in Danimarca non si fanno più nascere

In Danimarca dal 2004 gli screening prenatali sono gratuiti per tutte le donne: il risultato è stato un boom di aborti che ha portato la nazione a sfiorare l'azzeramento delle nascite di neonati con trisomia 21

La "scomparsa" dei figli Down: in Danimarca non si fanno più nascere

Il quotidiano dei vescovi, Avvenire, non esita a definirlo un "repulisti eugenetico". Quello che sta accadendo in Danimarca, dove nel 2019 sono nati appena 18 bambini con la sindrome di Down, è il risultato di un programma che sta andando avanti dal 2004, anno in cui il governo ha messo a disposizione delle neomamme un servizio gratuito di screening neonatale.

Il regno scandinavo fu il primo Paese al mondo ad introdurre un sistema di questo tipo per individuare anomalie e difetti genetici del nascituro, tanto da scatenare negli anni diverse polemiche. "La politica delle autorità sanitarie danesi non è quella di sradicare la sindrome di Down", aveva dovuto specificare nel 2017 l’ambasciatrice danese in Irlanda, Carsten Sondergaard. Eppure la situazione dev'essere sfuggita di mano, perché i numeri dicono altro. Dopo una diagnosi di questo tipo l’aborto è la norma.

Nel 2015 i dati del Cytogenisk Central register del polo universitario di Aarhus, ripresi dall’agenzia cattolica Agensir, chiarivano come ad interrompere la gravidanza dopo aver scoperto di portare in grembo un figlio Down fosse il 98 per cento delle donne danesi. Oggi la situazione non è cambiata, anzi. Lo stesso organismo parla di 18 bambini down nati nel 2019 su un totale di 61.167 parti. Tradotto, uno su 3.400: lo 0,029 per cento del totale. Il raggiungimento di una società Down-free è praticamente dietro l’angolo.

Qualche anno fa a fare scalpore fu il caso dell’Islanda dove praticamente tutte le gravidanze con problemi al feto si sono risolte con l’aborto. I bambini nati con sindrome di Down, riportava Tempi, erano circa un paio ogni anno. Praticamente i "fortunati" che erano riusciti ad "ingannare" i test. Nel 2015 l’allora presidente dell’Associazione nazionale per la sindrome di Down, Thomas Hamann, denunciava come abortire in caso di diagnosi positiva non fosse più una libera scelta in Danimarca, bensì la prassi. A condizionare le scelte delle famiglie danesi, descrive ancora Avvenire, non è soltanto l’accessibilità dei test prenatali, ma anche il fatto che la società danese consideri questi bimbi come un peso per il sistema sanitario e il welfare.

Chi sceglie di mettere al mondo un figlio con un’anomalia cromosomica, di conseguenza, finisce per essere isolato o guardato con sospetto. Esaminando i dati del Registro citogenetico centrale di Copenaghen, infatti, dei 18 bimbi con sindrome di Down nati nel 2019, soltanto sette sono stati accolti consapevolmente dai genitori. Il crollo drastico delle nascite di questi bimbi è stata definita una notizia "orribile" e una "ferita" nel cuore della società dal quotidiano danese Berlingske. La libera scelta, per lo storico giornale, è un "profondo fallimento". Il 40 per cento della popolazione, in effetti, non è d’accordo che la Danimarca si trasformi in un Paese Down-free "entro il 2030", come titolava qualche anno fa lo stesso quotidiano.

Ma il passo verso questo controverso obiettivo è breve.

Nel 2017, in quasi tutti i Paesi in cui sono aumentati gli screening per rintracciare la trisomia 21 nel nascituro il numero di aborti ha raggiunto percentuali vertiginose. È lo stesso trend che si osserva in Italia, con numeri molto meno impressionanti: ogni anno nel nostro Paese nascono circa 500 bimbi Down, in proporzione, uno ogni 960.

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