Ora la richiesta è chiara e suona straordinariamente simile a un ricatto. Da quasi un anno il pastore statunitense Andrew Brunson è in carcere in Turchia e ora il presidente Erdogan parla chiaro: non tornerà a casa, a meno che naturalmente a Washington non decidano di estradare Fethullah Gulen, il predicatore accusato ad Ankara di avere ordito il fallito golpe del 2016.
"Anche voi avete un pastore - ha detto Erdogan, rivolgendosi agli americani, in un discorso tenuto all'accademia di polizia -. Dateci quello e noi lavoreremo con la giustizia per ridarvi il vostro". A nulla, finora, sono serviti gli incontri a livello ufficiale tra rappresentanti della Casa Bianca e del governo turco.
Il 48 Brunson, presbiteriano della Nord Carolina, vive in Turchia da più di due decenni.
Arrestato lo scorso ottobre durante le purghe post-golpe, è accusato di essere parte di un gruppo terrorista armato. Un'accusa che nell'ultimo anno e mezzo è stata rivolta a un numero sempre crescente di persone. Un mese fa il pastore è stato accusato di spionaggio e di lavorare per rovesciare il governo.
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