Nel pieno della crisi di governo, i senatori Vito Petrocelli ed Emanuele Dessì, entrambi ex membri del Movimento 5 Stelle, sono arrivati in Nicaragua, ricevuti dal presidente dell'Assemblea nazionale, Gustavo Porras. Una visita in pompa magna che, come ricordato anche dalla stessa Assemblea nazionale, ha visto come protagonisti i "senatori e compagni" che "riconoscono i successi nel Nicaragua in materia di salute, infrastrutture, istruzione, sostegno ai giovani ed economia e nel porre il Nicaragua come una nazione determinante del Centroamerica, dell'America Latina e dell'intero continente".
Presidente del Parlamento nicaragüense recibe visita de senadores italianos pic.twitter.com/OADpGtL8EB
— Asamblea Nacional Nicaragua (@AsambleaNi) July 19, 2022
L'occasione della visita è la celebrazione del 43esimo anniversario della rivoluzione sandinista, un momento fondamentale della storia recente del Paese che il senatore Dessì, intervistato da Repubblica, ha voluto ribadire come momento di inizio dell'auodeterminazione dello stesso Nicaragua. "Si autodeterminano dal 1979", ha detto l'ex 5S, mentre "ci sono paesi che vengono sanzionati se non rispondono ai dettami del mondo occidentale". Frasi nette che si associano alla recente svolta di Daniel Ortega: un un giro di vite contro il dissenso che ha colpito centinaia di associazioni no profit, ong, personalità anche legate alla stessa rivoluzione fino a mettere a repentaglio la Chiesa. Per il governo, non si tratta di organizzazioni che aiutano la popolazione, ma sostanzialmente di "agenti stranieri". Come riportato da Agenzia Nova, un comunicato del parlamento ha specificato che questi enti avrebbero violato leggi sul bilancio e "disposizioni della legge contro il riciclaggio di denaro, il finanziamento del terrorismo". Al punto che le Nazioni Unite hanno puntato il dito contro questa svolta mettendo sotto stretta osservazione le mosse dell'esecutivo di Managua.
Il giro di vite di Ortega non è il solo punto fondamentale. L'attenzione sul Nicaragua è soprattutto legata alla politica internazionale, dal momento che il Paese è uno dei più stretti partner della Russia nel cosiddetto "cortile di casa" di Washington, avendo anche aperto le porte a missioni militari di Mosca. Lo scontro si era acceso già l'anno scorso: a novembre gli Stati Uniti hanno messo sotto sanzioni il governo di Ortega al punto da vietare l'ingresso dei suoi membri in territorio americano per le accuse di brogli alle elezioni e per la repressione del dissenso. L'ostilità tra l'amministrazione Usa e il Paese centroamericano è evidente. E da qui, proprio da questo particolare, si può riallacciare la questione ai due senatori italiani ricevuti per l'anniversario della rivoluzione sandinista.
Non è un mistero, infatti, che da Washington e da altre cancellerie atlantiche siano arrivati spesso dei segnali di avvertimento sull'eccessivo fascino subito dal alcuni segmenti grillini nei confronti degli avversari del blocco occidentale. Il blitz in Nicaragua di Petrocelli e Dessì è solo l'ultimo esempio. Molti lettori ricorderanno lo scontro sul Venezuela, con le accuse rivolte ai 5 Stelle sul non essere allineati contro Nicolas Maduro, fino agli avvertimenti rivolti all'allora premier Giuseppe Conte sull'avere spostato il baricentro italiano verso la Cina, sulla rotta della Via della Seta. Altri hanno accusato il Movimento di avere intessuto legami troppo stretti con la Russia. La linea grillina sulla politica estera è cambiata radicalmente dal governo giallorosso, con la svolta di Luigi Di Maio.
Ma l'anima pentastellata è sempre stata ondivaga su questi punti, tanto che molti osservatori ritengono che la linea più profonda del partito resti quella anti-atlantica e più affine proprio a chi è andato via dal partito, come Petrocelli (di cui si ricorda il curioso utilizzo della "Z" simbolo dell'attacco russo all'Ucraina), Dessì o anche il sempreverde Alessandro Di Battista, ritenuto il papabile leader del nuovo 5S post-Conte.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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