Sandra Muller, paladina del MeToo francese, è stata di recente condannata in patria per avere diffamato l’imprenditore televisivo Eric Brion, da lei falsamente accusato di molestie.
Un tribunale di Parigi, riporta il quotidiano britannico The Daily Telegraph, ha infatti rigettato la tesi della femminista, secondo cui l’uomo, durante un festival svoltosi a Cannes nel 2012, l’avrebbe umiliata indirizzandole commenti sessuali espliciti.
La giornalista aveva iniziato nell’ottobre del 2017 a rinfacciare al magnate, ex direttore del canale tv Equidia, il presunto abuso perpetrato ai danni della prima e aveva contestualmente pubblicato su Twitter, sotto l’hashtag #balancetonporc (denuncia il tuo maiale), le parole audaci che costui le avrebbe rivolto durante l’approccio incriminato.
In base al recente verdetto che ha condannato la fondatrice del MeToo francese, questa avrebbe bollato come molestie sessuali un comportamento di Brion che non corrispondeva affatto a una coercizione fisica o a una mania persecutoria. Sempre ad avviso dei giudici parigini, inoltre, la Muller, rivolgendo ripetuti attacchi tramite social verso l’imprenditore, avrebbe oltrepassato i limiti della libertà di espressione danneggiando la reputazione di quest’ultimo.
Una volta riconosciuta la falsità della tesi della presunta vittima di abusi, i magistrati hanno inflitto alla giornalista una sanzione di 15mila euro a titolo di indennizzo per i danni morali arrecati all’imputato a suon di accuse diffamatorie. La Muller dovrà inoltre pagare altri 5mila euro di spese legali e dovrà cancellare i suoi tweet in cui veniva tirato in ballo Brion, oltre a provvedere a pubblicare il dispositivo della sentenza sui suoi profili social e su due testate francesi.
Soddisfazione per l’esito del processo è stata subito espressa dagli avvocati del magnate tv, che hanno smontato punto per punto l’impianto accusatorio della paladina del MeToo e che hanno più volte biasimato costei per avere“rovinato la carriera” all’imprenditore. Durante il dibattimento, il team legale di Brion aveva ripetutamente richiamato l’attenzione dei giudici sul fatto che, nel 2012 a Cannes, il loro assistito non avrebbe tentato alcuna violenza nei confronti della Muller, in quanto avrebbe semplicemente esercitato allora un innocuo “diritto al flirt”.
L’imputato, nel corso del procedimento, aveva comunque ammesso di avere pronunciato in quel frangente commenti inappropriati all’indirizzo della donna, che sarebbero stati però fino a oggi deliberatamente travisati dalla giornalista, decisa a dipingere l’ex direttore di Equidia come l’Harvey Weinstein d’Oltralpe.
L’esponente femminista, all’indomani della sentenza emessa dal tribunale di Parigi, ha reagito, al contrario degli avvocati di Brion, esternando sconcerto e rabbia e bollando la condanna comminatale come “incomprensibile”, “fuori dal tempo” ed emblematica di un “clima di regressione”. La Muller ha poi denunciato il fatto che l’esito sfavorevole del processo da lei intentato contro il magnate “rischia di demotivare le donne che hanno rivelato le violenze vissute e di creare enormi difficoltà alle vittime che vorrebbero raccontare ciò che hanno subito”.
Nonostante la sconfitta
riportata sul piano giudiziario, la giornalista ha assicurato che la sua battaglia a favore di coloro che sono state abusate andrà avanti: “La paura non deve vincere e io continuerò a combattere, giorno dopo giorno”.
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