A sentir parlare Matteo Renzi non ci sarebbero "elementi di novità" nella notizia, diffusa da fonti libiche, secondo cui i jihadisti dello Stato islamico sarebbero giunti a Sirte dalla Siria e dall'Iraq. La presenza dell'Isis alle porte dell'Italia non cambierebbe la strategia perché, ha assicurao Renzi al presidente afghano Ashraf Ghani, "non si può cambiare politica estera ogni giorno". "L'intervento in Libia - ha detto in chiaro il premier - non è all'ordine del giorno". Ma, in maniera per nulla ufficiale, l'Italia sarebbe già in Libia con un manipolo di uomini delle forze speciali che, come rivela Daniele Raineri sul Foglio, starebbero preparando un possibile intervento militare.
L'Isis sta avanzando nell'est libico minacciando Harawa, Nufaliya e Bin Jawad. L'obiettivo è piantare le bandiere nere del Califfato nell'area di Ajdabiya, la porta verso i campi della mezzaluna petrolifera, a metà strada tra Bengasi e Sirte. "I terroristi stanno trasportando armi pesanti e veicoli blindati - spiegano fonti locali - elementi della formazione pattugliano armati le strade principali, accompagnati dalla polizia islamica". Il controllo delle risorse energetiche del Paese è strategico per i tagliagole del Califfo, proprio come nel nord dell'Iraq, dove i terroristi ne utilizzano i proventi vendendoli al mercato nero per autofinanziarsi. La conquista di queste aree farebbe compiere all'Isis un salto di qualità nella sua strategia. Secondo fonti dell'intelligence americana, Sirte potrebbe infatti diventare la nuova base del gruppo dirigente dello Stato islamico che, per sfuggire ai bombardamenti della coalizione internazionale in Medio Oriente, potrebbe ritirarsi proprio di fronte alle coste italiane.
Per la Libia il governo italiano sta cercando di costruire le condizioni perché "Roma possa ospitare un evento sulla Libia come quello che Vienna ha ospitato sulla Siria". Intanto, però, una manciata di uomini delle Special operations forces si strebbero già muovendo tra Zuwara e Sabratha. Da tempo, nella zona tra la capitale Tripoli e il confine con la Tunisia, bazzicano militari e servizi segreti italiani a difesa delle infrastrutture dell'Eni che sono considerate una questione di sicurezza nazionale. "Questa nuova missione fa parte di un cambiamento importante - fa notare Raineri sul Foglio - dalla tutela del settore energia si passa alla preparazione di un intervento" militare.
I miliziani dell'Isis si trovano già alle porte di Ajdabiya. Le forze di Khalifa Haftar, alleate al governo di Tobruk, stanno cercando di impedire l’avanzata con una serie di raid aerei. Ma la situazione resta incandescende. Lungo la strada litoranea che porta ai checkpoint di confine passano la maggior parte delle operazioni militari che i tagliagole dell'Isis lanciano ai paesi vicini. Tra queste l'attacco al museo del Bardo o la sanguinaria strage di turisti sulla spiaggia di Sousse. Proprio per bloccare il traffico di uomini e di armi, la Tunisia ha chiuso la frontiera. A Sabratha, invece, la situazione sembra (per il momento) più tranquilla, anche se poco più a est ci sono intere aree in mano allo Stato islamico. Qui, lo scorso marzo, è arrivato un contingente del Comando subacqueo incursori (Comsubin), partito dalla base del Varignano a La Spezia a bordo della San Giorgio. L'obiettivo iniziale era di stazionare in corrispondenza dell'impianto di Melita. Adesso starebbero, invece, lavorando a una prima bozza di piano per intervenire militarmente.
Intervenendo a Uno Mattina il sottosegretario alla Difesa Domenico Rossi ha smentito la ricostruzione del Foglio assicurando che l'intervento militare in Libia "non è all’ordine del giorno". "Il problema principale è politico - ha ribadito - riuscire a realizzare quel governo di unità nazionale che potrebbe costituire la pietra miliare per andare verso una capacità di carattere militare".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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