Per la Germania la risposta all'euroscetticismo è più Unione Europea

Per il ministro tedesco Michael Roth l'attuale crisi dei migranti e la perdita di fiducia nelle istituzioni europee può essere risolta solo investendo più energie nell'Ue

Michael Roth © Das Progressive Zentrum / www.carlosklein.de
Michael Roth © Das Progressive Zentrum / www.carlosklein.de

Continua, in Germania, la discesa nei sondaggi dei partiti tedeschi “tradizionali”: l’Spd, al minimo storico dei consensi sotto la soglia del 20%, e la Cdu. La crisi dei migranti e la perdita di fiducia nelle istituzioni europee, sono senza dubbio due dei fattori alla base di questo processo, e della crescita, al contrario, di partiti euroscettici come Alternative für Deutschland. Ma secondo il socialdemocratico Michael Roth, quarantaseienne, ministro di Stato alle Politiche e Affari Europei, vice ministro degli Esteri di Berlino, ed europeista convinto, intervistato da ilGiornale.it, per risolvere la crisi in atto in Europa, serve soltanto più Europa. E l'accordo Ue-Turchia, per il ministro, ne è la prova.

Molti analisti sostengono che né la Cdu, né l’Spd abbiano una strategia per contrastare la crescita dell’euroscetticismo in Germania, dimostrata dall’exploit dell’AfD alle scorse regionali. È così?

La crescita del supporto ai partiti populisti ed euroscettici in Europa, è senza dubbio una grande preoccupazione per noi, ed è anche il segno di una mancanza di fiducia nell’Europa come problem-solver. Ma mi lasci essere chiaro: l’Europa unita è la nostra casa e il nostro futuro condiviso: è il nostro unico futuro. La Germania è orgogliosa di essere parte del progetto europeo, da cui trae beneficio come tutti gli altri Paesi membri. Molti politici sostengono che l’Ue non debba regolare ogni aspetto delle nostre vite, e sono molte le decisioni che sono state prese a livello locale, regionale o nazionale. Ma se guardiamo ad un piano più ampio, ci rendiamo conto anche dei meriti dell’Ue: l’importanza dell’Europa nelle questioni internazionali, il mercato unico, gli standard comuni stabiliti nell’interesse dei consumatori, sono cose che non possono essere realizzate a livello locale o nazionale. L’Euro, la libertà di circolazione di persone, merci e capitali, non solo contribuisce alla stabilità economica europea ma promuove anche l’interazione culturale tra i popoli europei. Dobbiamo proteggere tutto questo e destinargli nuove energie. Infine, cosa più importante, dobbiamo dimostrare che l’Europa è in grado di dare soluzioni sostenibili alla crisi attuale: questo ci porterà ad avere di nuovo fiducia nel progetto europeo.

Sui temi più attuali, come l’immigrazione, però, ormai esistono due visioni di Europa, quella “tedesca” e quella di “Visegrad”. Quale delle due prevarrà secondo lei?

Non c’è un solo Stato o un gruppo di Stati che si differenziano in Europa. Il tratto distintivo europeo, sta, infatti, nella varietà delle culture e tradizioni dei suoi Stati membri, ed il collante che ci unisce sono i valori del progetto europeo, che ci ha fornito livelli senza precedenti di libertà, sicurezza e prosperità. L’Ue non è fatta per affermare gli interessi nazionali, ma è basata sulla solidarietà e sui benefici per tutti gli Stati membri. Su alcune questioni può esserci disaccordo, ma l’Europa è una squadra. Non importa se uno Stato sia grande o piccolo, tutti hanno il loro ruolo da giocare per far sì che la squadra europea sia vincente.

Disoccupazione giovanile, crisi dell’Euro e dei migranti, difficoltà nello sviluppo, mancanza di strategia in politica estera, crescita dell’euroscetticismo: sono pochi, però, gli aspetti in cui la squadra europea è davvero vincente. Come vede il futuro dell’integrazione europea?

Non posso sottoscrivere pienamente il quadro tetro che lei ha tracciato nella sua domanda. Ma senza dubbio c’è bisogno di sviluppare i processi decisionali dell’Unione Europea. A questo scopo, dobbiamo ricorrere ai principi che sono tradizionalmente alla base dell’integrazione Europea, ovvero, prendersi responsabilità in Europa, per l’Europa. Dobbiamo comprendere meglio le nostre preoccupazioni reciproche e recuperare la nostra abilità nel trovare compromessi intelligenti ed utili a tutti: questa strategia può essere applicata a tutte le questioni citate. La chiave sta, dunque, nel trovare soluzioni concrete per le questioni più urgenti, più che nel fare discussioni teoretiche “sul futuro dell’Europa”.

I fatti di Colonia e i risultati delle indagini condotte a margine degli attentati di Parigi e Bruxelles, che hanno dimostrato come i terroristi fossero entrati in Europa da Turchia e Grecia con falsi passaporti siriani, hanno mostrato che esiste una forte connessione tra la questione sicurezza e quella dell’immigrazione irregolare. Vanno posti dei limiti alle attuali politiche migratorie, e, se sì, quali?

Per noi combattere la minaccia terroristica è di primaria importanza. Riguardo incidenti come quelli di Colonia è evidente che deve essere applicata la legge, ovvero, è indispensabile indagare scrupolosamente su ciò che è accaduto e trarre le necessarie conclusioni, che è quello che stanno facendo le autorità tedesche. Allo stesso modo però, la legge dello Stato deve sempre garantire protezione a chi fugge dalle persecuzioni ed ha i requisiti per ottenerla. Per questo è di fondamentale importanza assicurare la massima sicurezza nei nostri Länder, ma anche ai nostri confini.

Poco democratico, contro la libertà di stampa, responsabile delle uccisioni di civili curdi nelle regioni del sud-est del Paese, accusato di essere coinvolto nel contrabbando di petrolio con l’Isis e di fornire armi ai jihadisti in Siria: ma per l’Europa e la Germania, Erdogan, è un partner affidabile. Perché?

La Turchia è un partner importante non solo per la Germania, ma per l’intera Europa. L’attuale crisi dei migranti è una sfida importantissima, e il recente accordo tra Ue e Turchia ha bisogno di essere rapidamente ulteriormente sviluppato, così da ridurre i flussi migratori verso l’Europa portandoli ad un livello sostenibile. Ma la nostra cooperazione con la Turchia comprende anche altri campi: le relazioni economiche ed energetiche, i negoziati per l’adesione ai trattati europei, le relazioni internazionali, con particolare riferimento alla Siria, che apre la strada ad una più stretta collaborazione tra Turchia ed Europa: presto, infatti, la Turchia potrà beneficiare della liberalizzazione del regime dei visti. Ma mi lasci essere molto chiaro su un punto: riguardo i diritti umani e la situazione dei media non ci saranno assolutamente sconti. Il nostro messaggio è chiaro: diritti umani e libertà di stampa non sono negoziabili. Per questo, andiamo avanti con i colloqui per l’adesione e prepariamo i capitoli sullo Stato di diritto non malgrado i risultati insoddisfacenti in questi ambiti, ma proprio per via di questi risultati insoddisfacenti. Vogliamo, infatti, che sul tema dei diritti umani, con la Turchia, prenda forma undialogo strutturato.

Siamo molto preoccupati per l’escalation delle violenze nel sud-est della Turchia. Il Pkk deve fermare le azioni terroristiche. Da parte mia, esorto i rappresentanti turchi e curdi a sedersi di nuovo al tavolo dei negoziati.

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