Il conto alla rovescia è iniziato. Manca meno di un mese all’inaugurazione dei XIII Giochi paralimpici invernali, in programma a Beijing dal 4 al 13 marzo 2022. Nelle sedi che accoglieranno le gare, le stesse dei Giochi Olimpici invernali, si respira da tempo un’aria febbrile. L’attesa cresce di giorno in giorno, e ogni pomeriggio è buono per affinare la tecnica in vista del momento della verità. Di quale momento sto parlando? Di quando gli occhi della Cina e del mondo intero saranno puntati sugli atleti, impegnati a incidere il loro nome nella storia sportiva.
Una preparazione intensa
Per quanto mi riguarda, sto preparando i miei ragazzi nel modo migliore possibile, con allenamenti mirati e di qualità. Sono italianissimo, nato a Susa, comune di circa 6mila abitanti alle porte di Torino, ma dal 2018 vivo in Cina dove ricopro il ruolo di capo allenatore della squadra cinese di sci alpino paralimpico. In questi giorni siamo impegnati a fare una preparazione formidabile. Da quello che vedo, abbiamo la possibilità di portare a casa un grande risultato. Anche perché ci stiamo preparando nella massima sicurezza. Mi riferisco ovviamente al Covid. Le autorità hanno allestito uno ski resort solo per noi, in modo tale da azzerare il rischio contagio. In un contesto del genere, stiamo ultimando il tanto lavoro preparato nei mesi scorsi. Tutti vogliamo fare bene, perché partecipare ai Giochi Olimpici provoca un’emozione fortissima, in parte per il contesto elettrizzante e in parte per il peso sportivo dell’evento, che è in programma ogni quattro anni.
Poi c’è da considerare il contorno, l’attenzione mediatica e non solo. E questo, ovviamente, vale soprattutto per gli atleti. In base alla mia esperienza, ci sono infatti ragazzi che si rivelano fortissimi in allenamento o durante altri eventi, ma una volta arrivati a calcare un palcoscenico prestigioso, come quello delle Olimpiadi, si ritrovano a fare i conti con l’emozione che gioca loro brutti scherzi. È per questo motivo che, oltre al lato tecnico, io e il mio team abbiamo curato e stiamo curando nei minimi dettagli anche gli aspetti psicologici. I miei ragazzi, infatti, non hanno un’esperienza olimpica. E quindi sto insegnando loro, ad esempio, a gestire le emozioni prima di una partenza, nel bel mezzo della competizione e via dicendo. C’è un altro importante dettaglio da non dimenticare: la competizione si svolge in Cina, e i miei ragazzi gareggiano “in casa”, cioè davanti ai loro genitori, parenti, amici e, più in generale, davanti al loro popolo. Ci tengono tantissimo a dare una bella immagine, e sono sicuro che ci riusciranno.
Un lungo percorso
Più si avvicina il momento fatidico e più ripenso al mio percorso. Nel 1994 ho preso la specializzazione nell’insegnamento alle persone con disabilità. Con il passare del tempo, questo insegnamento è diventato una professione, tanto che in seguito ho aperto la prima scuola di sci per disabili in Europa. Sono poi stato direttore di pista alle Paralimpiadi di Torino 2006 e direttore tecnico della squadra italiana paralimpica fino a Sochi 2014. Ho proseguito con altri progetti, e adesso eccomi in Cina. Più si avvicinano i Giochi paralimpici invernali e più ripenso a come è nato tutto. Nel 2017 ho ricevuto una chiamata da un amico che all’epoca lavorava in uno ski resort austriaco. In quei giorni, nella sua struttura c’era ospite la squadra cinese di disabili che aveva bisogno di un allenatore. Su richiesta del mio stesso amico, mi dirigo in Austria e conosco il team. Mi accordo con loro: è così che, per due mesi, ho accettato di andare in Cina per aiutarli nel loro allenamento estivo. Il loro livello sportivo era molto basso.
Dobbiamo infatti spiegare che in quel periodo, in Cina, lo sci alpino - e lo sci in generale - era uno sport “nuovo”. La Cina, infatti, non è mai stato un Paese che ha avuto una florida tradizione sciistica come quella che ha avuto l'Europa; il boom è partito soltanto da pochi anni. In ogni caso, da questo momento in poi, fra me e i ragazzi inizia anche un rapporto di amicizia che ho potuto constatare poco dopo. Finiti i due mesi, ci salutiamo e torno in Italia. Per l’inverno seguente, la squadra aveva già un allenatore, ma ben presto sono iniziati ad arrivarmi messaggi da parte dei miei atleti cinesi; mi chiedevano consigli e suggerimenti. Nel maggio 2018 ricevo una chiamata; i vertici del team mi chiedono di tornare ad allenare la squadra fino alle Paralimpiadi di Pechino 2022. Ho subito accettato e adesso ci siamo quasi. Posso dire di avere degli atleti brillanti. Abbiamo veramente la possibilità di vincere e toglierci molte soddisfazioni. Sono riuscito a crescere degli sportivi che adesso sciano a un livello altissimo. Chi li vede all’opera resta impressionato dalla loro intensità.
Insomma, lo spettacolo non mancherà. Anche a giudicare dalla splendida atmosfera che ci circonderà. Basti pensare che la stazione sciistica delle Olimpiadi e delle Paralimpiadi, dove mi trovo in questo momento, è nata dal nulla. È stata letteralmente creata in pochi anni, con tecniche sostenibili e appositamente ideate per questi eventi. Mi ha impressionato molto la rapidità organizzativa della Cina, ma anche la collaborazione tra la popolazione e lo Stato. In brevissimo tempo la Cina ha costruito qualcosa di veramente galattico. Non solo: con queste Olimpiadi la Cina sta testando nuove tecnologie sostenibili, da usare per l’evento in sé ma anche per migliorare il futuro del Paese, il benessere dei cittadini e del mondo intero. Penso alla costruzione di infrastrutture e all’attuazione di tecniche sostenibili per far “crescere” determinate aree. Il tutto, lo ripeto, in tempo zero. In vista dei prossimi appuntamenti, mi sembra scontato sottolineare come dalla Cina vi sia molto da imparare.
Sono convinto, tuttavia, che anche quelle italiane, in calendario a Milano e Cortina nel 2026, saranno Olimpiadi altrettanto fantastiche.L’autore, Dario Capelli, è capo allenatore della squadra cinese di sci alpino paralimpico
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