La guerra delle sanzioni tra Stati Uniti e Iran

L'Iran ha annunciato l’imposizione di sanzioni contro 15 compagnie americane, colpevoli secondo Teheran di supportare il "terrorismo, la repressione e l’occupazione di Israele nei territori palestinesi"

La guerra delle sanzioni tra Stati Uniti e Iran

C’è dunque un muro, ben più alto e pericoloso di quello al confine con il Messico, che divide gli Stati Uniti dall’Iran. I due Paesi, che non hanno relazioni diplomatiche dal 1979, sono rientrati nel circolo di sanzioni e contro sanzioni. A cambiare la rotta dell’apparente distensione obamiana era stata la decisione annunciata dal Segretario del Tesoro americano Steven Mnuchin di rinnovare le sanzioni contro l’Iran, colpevole per i test missilistici eseguiti nel 2017. L’annuncio di Teheran è una risposta simbolica all’atteggiamento nuovamente aggressivo di Washington.

L’IRNA, un’agenzia di stampa iraniana, ha oggi divulgato la nota del Ministro degli Esteri iraniano. Saranno 15 le compagnie americane colpite dalle sanzioni. A queste viene interdetta la possibilità di qualsiasi accordo nel territorio iraniano, oltre che il divieto di rilasciare il visto del Paese ai rispettivi direttori e personaggi chiave. Come riporta Al Jazeera l’atto della Repubblica Islamica iraniana è “più smbolico che altro”. Questo perché delle 15 compagnie finite nella lista nera, nessuna risulta avere attualmente affari all’interno del Paese che si affaccia sul Mar Caspio. Tra le vittime delle sanzioni ci sono la ITT Corp., la Raytheon Co e la Oshkosh. Tutte aziende produttrici di armi, che collaborano attualmente con il Governo israeliano. Solo la Oshkosh ha di recente raggiunto un accordo con Tel Aviv per la vendita di 200 autocarri militari.

Le ritorsioni tra i due Stati non finiscono però qui. Teheran ha infatti minacciato Washington della possibilità di inserire la CIA e l’esercito americano nella lista delle organizzazioni terroristiche. Una decisione che sarà presa nel caso in cui Washington dovesse a sua volta inserire la Guardia Rivoluzionaria Repubblicana dell’Iran nella stessa lista. La Repubblica Islamica non ha dunque dimenticato l’operazione Ajax condotta dalla CIA, che portò alla destituzione di Mossadeq e all’insediamento dello scià Reza Pahlavi in Iran.

La strategia di Teheran è dunque abbastanza chiara. Non saranno loro a far la prima mossa, come finora è accaduto, in questo valzer di ritorsioni. Più enigmatica è invece l’intenzione americana. La nuova amministrazione, probabilmente sotto la decisiva spinta delle personalità necon al suo interno, ha deciso di continuare a vedere l’Iran come principale avversario nella regione. Risulta però ormai evidente alla maggior parte dei commentatori come l’etichetta di “sponsor del terrorismo” riservata a Teheran non sia più credibile. Da una parte perché la Repubblica Islamica non ha mai rivendicato attentati contro il mondo occidentale da quando si è insediata nel 1979. Dall’altra perché l’Iran ha impegnato fino ad oggi uomini e mezzi per combattere sul campo i più grandi serbatoi di terrorismo attualmente esistenti. Cioè Daesh e Al Qaeda. Tutto questo mentre il Telegraph rivela come il terrorista del recente attentato a Londra abbia fatto scalo invece in Arabia Saudita prima dell’attacco.

Rimane dunque in piedi la grande costruzione contradditoria

americana in Medio Oriente. Dove gli “stati canaglia”, come la Siria e l’Iran, sono quelli che combattono il terrorismo, mentre gli alleati, Arabia Saudita in primis, sono quelli che lo supportano con mezzi e protezione.

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