Boris Johnson si dimette: "Ma non avrei voluto". Affondato dalla fronda conservatrice

Boris Johnson travolto dallo scandalo delle molestie di Chris Pincher si dimette, annuncia la Bbc. Si apre la partita per la successione.

Boris Johnson si dimette: "Ma non avrei voluto". Affondato dalla fronda conservatrice

Boris Johnson getta la spugna e si dimette. Il premier britannico, come ha anticipato la Bbc in mattinata, ha voluto anticipare la fronda del Partito Conservatore pronto a rimuoverlo forzando la modifica delle regole del 1922 Committee, che non avrebbero permesso per un anno nuove votazioni sulla fiducia nei suoi confronti.

ora chiara la volontà dei deputati del Partito conservatore che ci sia un nuovo leader di partito e quindi un nuovo primo ministro. Sono d'accordo con Sir Graham Brady, il processo di scelta del nuovo leader dovrebbe iniziare ora", ha detto nel suo discorso alla nazione dopo aver incontrato la Regina, "Lascio. Ma non avrei voluto farlo". Johnson ha poi spiegato che resterà in carica fino all'autunno, quando cioè non sarà eletto un nuovo leader. Per questo, il nuovo governo nominato per rimpiazzare i ministri dimissionari è "a termine". "Darò tutto il mio sostegno al nuovo leader". ha assicurato, "Molti saranno sollevati da questa notizia (delle dimissioni) altri si rallegreranno ma sono triste a dovere rinunciare al migliore lavoro del mondo. Ma nella politica nessuno è indispensabile".

La slavina dello scandalo delle presunte molestie compiute verso colleghi Tory dall'ex Whip Chris Pincher, fedelissimo di BoJo, di cui il primo ministro sarebbe stato a conoscenza si è rivelato la pietra tombale per il governo nato col travolgente successo elettorale del 2019. Johnson, si noti, si dimetterà da leader del Partito Conservatore, non da Primo ministro come fatto, nel 2019, da Theresa May. La differenza è tutt'altro che formale: questo consentirà all'ex sindaco di Londra di guidare il governo fino all'autunno, quando il Congresso conservatore sceglierà il suo successore al termine delle primarie, che in caso di caduta dell'esecutivo avrebbero luogo in un lasso di tempo ben più stretto.

Da statuto il leader conservatore è anche capo del governo quando i Tory hanno la maggioranza ai Comuni. Ed è proprio da una congiura interna ai Conservatori che è iniziata la caduta di Johnson. Sfiduciato dal suo partito pur avendo la maggioranza a Westminster: le dimissioni del ministro della Salute Savid Javid e del Cancelliere dello Scacchiere Rishi Sunak nella giornata di martedì hanno dato inizio a una slavina. In 24 ore, 26 membri del governo, tra ministri e sottosegretari, avevano lasciato l'esecutivo. Alla mattinata di oggi, il numero di dimissioni aveva toccato quota 50 unità, un settimo del gruppo parlamentare di maggioranza. Ieri Johnson ha silurato il suo fedele alleato Michael Gove, sottosegretario ai rapporti con le comunità interne del Regno Unito e pasdaran della Brexit, dopo che aveva esplicitato il suo invito al premier a dimettersi.

Johnson ha scelto la strada dell'uscita dalla guida del partito che fu di Winston Churchill e Margareth Thatcher dopo aver ricevuto nella giornata del 6 luglio una delegazione di ministri conservatori comprendenti Piri Patel, ministro dell'Interno, e Nadhim Zahawi, scelto al posto di Sunak per gestire le finanze del Regno Unito. Zahawi, conservatore divenuto celebre per aver gestito la campagna vaccinale, era atteso oggi al fianco del premier per annunciare un poderoso piano anti-inflazione, ma nella giornata di ieri, riporta il Guardian, era dato come uno dei Tory più impegnati a far pressione sul premier per dare le dimissioni dal partito. Oggi ha rotto gli indugi. Zahawi ha pubblicato una lettera pubblica dicendo che aveva il "cuore spezzato" per il fatto che Johnson non stava ascoltando il suo consiglio di amico da oltre trent'anni e che doveva dimettersi per il bene del Regno Unito. “Primo ministro", ha scritto, "questo non è sostenibile e non potrà che peggiorare: per lei, per il partito conservatore e soprattutto per tutto il Paese. Devi fare la cosa giusta e andartene subito.

Zahawi ha rotto gli indugi dopo che in mattinata Michelle Donelan, la segretaria all'istruzione nominata questa settimana, si è dimessa, dicendo che il gabinetto doveva forzare la mano a Johnson, e poco dopo era stata seguita da Brandon Lewis, il segretario dell'Irlanda del Nord. Ora è dato come uno dei favoriti per la successione al premier: se la potrebbe vedere con Sunak e Javid, in un'insolita contesa tra tre leader della destra rispettivamente di origine irachena, indiana e pachistana, e con il Ministro degli Esteri Liz Truss. Ma la partita più importante sarà sui tempi. Sia la Bbc che il Guardian notano che molti Conservatori vogliono accelerare anche l'uscita di Johnson da Downing Street, per evitare un clima di incertezza al Regno Unito. Su questo punto BoJo non vuole mollare, dato che la resa dei conti interna consentirebbe un'uscita di scena meno spiazzante della caduta dell'esecutivo nel suo complesso.

Ma ora dopo ora il governo che si è installato nel 2019 è franato e già adesso non esiste più: sarà un'impresa per Johnson anche solo riempire le fila delle uscite per proseguire un'esperienza oramai giunta al capolinea nelle sue fasi di agonia conclusiva.

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