"Lo impongono con la frusta". L'Iran in rivolta contro la "polizia del velo"

Continuano in Iran le proteste per Masha Amini, morta dopo essere stata arrestata perché indossava male il velo. Hijab bruciati in piazza. L'oppositore esule in Italia: "Il velo imposto con la frusta, ora esplode la rabbia delle donne"

"Lo impongono con la frusta". L'Iran in rivolta contro la "polizia del velo"

"Quando nel 1979 i mujhaeddin del popolo iraniano scendevano in strada per rovesciare lo scià le donne stavano alle finestre, oggi sono in prima fila nelle piazze e rappresentano la sfida più grande al regime degli ayatollah". Davood Karimi, trapiantato a Roma da 43 anni, è il presidente dell'Associazione dei rifugiati politici iraniani residenti in Italia. Da anni si batte contro il fondamentalismo islamico e la persecuzione politica dei suoi connazionali.

In queste ore sta seguendo da vicino le proteste scoppiate nel suo Paese d’origine per la morte di Masha Amini, ragazzina di 22 anni arrestata a Teheran dalla polizia morale perché dal velo spuntavano fuori alcune ciocche di capelli. Una volta caricata sulla camionetta, secondo le ricostruzioni, sarebbe stata picchiata con un bastone. Un colpo alla testa le ha provocato un’emorragia celebrale. Una volta arrivata nel centro di detenzione di Vozara ha avuto un infarto e poi è entrata in coma. È deceduta in ospedale venerdì scorso, tre giorni dopo l’arresto.

La rabbia è subito montata in rete, con decine di donne che hanno postato su Instagram e Twitter video in cui si tagliano i capelli e bruciano l’hijab. Poi si è trasferita nelle piazze. I video che circolano sui social mostrano i veli islamici dati alle fiamme, ma anche violenti scontri. Si parla di almeno cinque morti nella regione curda del Paese, la zona di cui era originaria Masha e da dove le proteste sono partite. Sarebbero già decine i feriti e centinaia gli arresti. Le Nazioni Unite hanno chiesto un’indagine indipendente per stabilire la verità sulla morte della giovane. La polizia spara e lancia lacrimogeni.

Ma le donne restano in prima linea contro l’oppressione del velo e per chiedere l’abolizione della polizia morale. "Dopo 43 anni si sono stancate di subire – spiega Karimi – l’hijab e il chador sono stati imposti con la frusta e per decenni sono stati il simbolo dell’esclusione dal lavoro, dalle scuole, dalle università, dalla vita politica: se oggi cadesse l’obbligo di portare il velo in Iran, lo indosserebbe soltanto una su un milione. È per questo che ora le donne rappresentano il pericolo più grande per la repubblica islamica, sono una bomba pronta ad esplodere e per quello il governo stringe la morsa della repressione".

Di casi come quello di Masha, secondo l’attivista, ce ne sono a decine, forse centinaia. "Il suo ha fatto scalpore perché è avvenuto in mezzo alla strada sotto gli occhi di tutti", assicura il nostro interlocutore. "Con gesti del genere il regime manda un messaggio ai fondamentalisti di tutto il mondo, compresi quelli di casa nostra, - continua - che si sentono legittimati a pestare la moglie se vuole vestire all’occidentale. Troppo spesso l’Europa su questo ha chiuso gli occhi per una questione di opportunità, soprattutto economica".

Il velo, secondo l’esponente dell’opposizione laica, "non può essere una imposizione, ma deve essere una libera scelta, altrimenti diventa una violenza". Karimi giura che la mobilitazione ormai sarebbe estesa a ben 34 capoluoghi.

Secondo il quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung, nonostante il presidente iraniano Ebrahim Raisi prima di prendere il volo per New York abbia chiamato la famiglia di Masha per dire che la ragazza era "anche sua figlia", le proteste potrebbero portare ad un rovesciamento del regime. "Il popolo iraniano è stanco e pronto ad esplodere – commenta Karimi -. Non è detto che succederà ora, ma la strada ormai è tracciata".

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