Meno estremisti, più moderati e riformisti. Questi i primi dati ufficiali delle elezioni in Iran dove si è votato per il parlamento e per l'Assemblea degli Esperti, l'organismo giuridico-religioso composto da 88 membri che dovrà scegliere al suo interno il successore della Guida Suprema qualora Khamenei muoia o si dimetta. O venga in qualche modo dimesso. Se per l'Assemblea i dati sono già certi, per quanto riguarda il parlamento, per via di un sistema elettorale molto complicato ed un'organizzazione per nulla «occidentale», non si conosceranno prima di due o tre giorni almeno. Un successo netto, in ogni caso, per l'attuale presidente Hassan Rohani e per l'ex presidente Ali Akbar Hashemi Rafsanjani che hanno formato una coalizione di area moderato-riformista nel tentativo di modernizzare un Paese che resta a fortissima connotazione religiosa e dove libertà e diritti individuali restano un miraggio.
Tanto che in molti hanno ipotizzato un sorta di bluff organizzato dai leader del regime per far pensare a elezioni libere e a un rinnovamento soltanto di facciata. Vero o presunto che sia, il desiderio di cambiamento ha portato alle urne in massa gli iraniani, complice anche la svolta storica di gennaio che ha fruttato l'accordo sul nucleare e ha visto il ritiro delle sanzioni internazionali da parte di Stati Uniti e Unione europea. Quasi il 70% degli elettori ha deciso di esprimersi con lunghe code ai seggi che sono rimasti aperti diverse ore più del termine previsto per consentire a tutti idi votare. Un dato forte, segno del desiderio di assaggiare un gusto democratico per troppi decenni negato. Forte come la sicura batosta incassata dagli estremisti. L'imam Ahmad Janati, il presidente del Consiglio dei Guardiani, organismo che controlla il Parlamento e il voto stesso, si è piazzato soltanto al decimo posto tra gli Esperti.
Ancora peggio è andata a Mohammad Taqi Mesbah Yazdi, dodicesimo, l'uomo conosciuto come «il religioso per cui non conta nulla quello che pensa il popolo». In attesa di conoscere nel dettaglio i risultati per il parlamento, è certo il rafforzamento di Rohani, il presidente protagonista a Roma del caso delle statue coperte, anche se il sistema politico iraniano rimane un intricato dedalo di veti in cui l'ultima parola spetta comunque alla Guida Suprema, l'ayatollah Ali Khamenei.
«Le elezioni hanno dato al governo iraniano più credibilità e più potere», ha detto il presidente Rohani mentre l'altro vincitore, Rafsajani, annuncia che «è arrivato il momento della cooperazione». Poprio lui è indicato come possibile candidato forte in caso di successione di Khamenei. Ma questa è un'altra storia che in un Paese come l'Iran va ben oltre un successo elettorale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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