Ormai il governo nepalese non nasconde più il suo pessismo. Trovare altri sopravvissuti sotto le macerie lasciate dal terremoto sarà difficilissimo - lo hanno ammesso ieri - e il bilancio delle vittime, che già è drammatico, è lontano dall'essere definitivo.
Finora sono 7.040 i morti accertati in Nepal, ritrovati in una settimana di lavoro, dopo le scosse del 25 aprile. Altre 14mila persone sono rimaste ferite e questa mattina almeno cinquanta corpi sono stati estratti senza vita dalla neve, travolti dalle valanghe che si sono staccate dall'Everest, investendo i campi gremiti di scalatori. All'appello mancano ancora duecento persone, alpini e sherpa del posto.
Il quotidiano locale Kantipur scrive oggi che un nuovo problema si è aggiunto a una situazione già drammatica. Lunghe crepe hanno iniziato a formarsi sulla pista d'atterraggio dell'aeroporto di Kathmandu, che ha una cinquantina d'anni, obbligando le autorità aeroportuali a diminuire il numero di atterraggio allo scalo, dove giungono numerosi gli aerei da carico con gli aiuti umanitari.
Nessun aereo sopra le 196 tonnellate sarà più autorizzato ad atterrare, ma sono già diversi i Paesi che hanno chiesto un passo indietro a Kathmandu. In primis Stati Uniti e Canada, che vorrebbero una "revoca immediata". Ma problemi li ha trovati pure l'Onu, che ha chiesto la sospensione dei controlli doganali, per permettere ai carichi di entrare più in fretta nel Paese e dunque arrivare prima a chi ne ha bisogno.
Moltissimi nepalesi - in milioni subiscono le conseguenze del sisma - non hanno ancora avuto accesso agli aiuti e i villaggi
più isolati non sono ancora stati raggiunti. "Ci sono luoghi in cui sappiamo che tutte el case sono state distrutte - ha detto il ministro delle Finanze, Ram Sharan Mahar -, ma che non siamo ancora riusciti a raggiungere".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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