"Ecco perché i russi non ci distruggeranno": la strenua resistenza degli Azov

Parla Serhij Bewz, comandante di una compagnia di forze speciali del Battaglione Azov di Kiev e amico dei combattenti che erano asserragliati nell'acciaieria di Mariupol

"Ecco perché i russi non ci distruggeranno": la strenua resistenza degli Azov

“Non mi fido dei russi, so che li tratteranno male. Per questo la mia unica speranza ora è che avvenga uno scambio tra prigionieri. È l’unica cosa che può salvare i miei amici, i nostri eroi”. Serhij Bewz, 39 anni, laureato in economia e commercio, è un comandante del Battaglione Azov. Oggi Serhij è a capo di una compagnia di forze speciali a Kiev, ma conosce bene quasi tutti i 2439 guerriglieri che erano asserragliati nell’acciaieria Azovstal di Mariupol e che, dopo l’ordine di evacuazione dal presidente Zelensky, si sono consegnati nelle mani del nemico. “Sono stato il loro vicecomandante fino a quando nel 2019 non è arrivato Sviatolslav Palamar”, dice nella nostra intervista via Zoom. Il comandante ha rilasciato delle dichiarazioni anche a Quarta Repubblica su Rete4.

Quando ha sentito i combattenti dell’Azovstal per l’ultima volta?

“Li ho sentiti fino a pochi istanti prima che uscissero dall’acciaieria. Erano sicuramente turbati, sono usciti solo perché è arrivato un comando dall’alto. Se fosse dipeso da loro, avrebbero resistito fino all’ultimo”.

Quindi, secondo lei, non volevano uscire?

“Sono amico del comandante Denis Prokopenko, è stato anche il mio comandante. So che per lui è stata una decisione molto sofferta. Sarebbero rimasti tutti fino all’ultimo, anche se Denis non avesse dato alcun comando. D’altronde non mollare è nella nostra indole”.

E allora cos’è successo?

“È arrivato un ordine dall’alto, è molto semplice. Noi combattenti del Battaglione Azov siamo persone serie, rispettiamo i comandi dei nostri superiori anche quando non li condividiamo. Non siamo mica dei delinquenti”.

Lei condivide quell'ordine di evacuazione deciso da Zelensky?

“Non mi permetto di giudicare il mio presidente. Purtroppo erano isolati, non avevano più nulla: non avevano più cibo e munizioni, era praticamente impossibile raggiungerli. Se Zelensky voleva salvarli, non aveva altra scelta. La verità è che liberare Mariupol era un’impresa impossibile. Non si poteva pensare di agire in altro modo. Forse soltanto sul piano diplomatico qualcuno avrebbe potuto fare di più”.

A chi si riferisce?

“Sono un combattente, non un diplomatico. Penso però, per esempio, alla Turchia che avrebbe potuto fare qualche pressione in più per farli portare in un paese terzo e non nel Donbass, ma ormai è andata così”.

E adesso? Alcuni componenti della Duma e le autorità filorusse del Donbass e della Crimea vorrebbero per loro un processo esemplare, una Norimberga 2.0.

“Io voglio solo che tornino a casa sani e salvi. So che non se la stanno passando bene, le prigioni russe non sono uno scherzo, sono come le prigioni dei tedeschi della seconda guerra mondiale, quelle dei veri nazisti per intenderci. Ho timore anche che vengano torturati. L’unica cosa che li può salvare oggi è uno scambio tra prigionieri: uno per tre, uno per dieci, non importa basta che avvenga”.

Lo scambio però sembra ancora un’ipotesi remota anche perché i russi vi considerano “criminali di guerra”. Come risponde a queste accuse?

“I russi ci definiscono criminali di guerra, ci chiamano nazisti, lo so bene. È l’accusa che ci fanno da sempre, ma i nostri soldati non avrebbero mai ammazzato nessuno, neanche un militare russo, se loro non ci avessero invaso. Oggi vorrebbero distruggerci, ma non ci riusciranno. Noi abbiamo sempre combattuto per la nostra indipendenza, e lo faremo anche stavolta. Noi non vogliamo prenderci le terre di altri, vogliamo solo combattere per la libertà”.

Se non siete nazisti, allora perché avete come simbolo la svastica?

“Il nostro simbolo non è una svastica. Non è un simbolo nazista, è un simbolo di libertà. Si tratta di due lettere in cirillico: la I che significa Indipendenza e la N che significa Nazione. Questo simbolo c’è dal diciassettesimo secolo, non ha alcun legame con il nazismo. I russi vogliono far credere che questo sia un simbolo nazista. Vogliono far credere al mondo che siamo dei criminali, ma non hanno alcuna prova. Al contrario tutto il mondo ha visto ciò che loro hanno fatto a Bucha, Irpin, Mariupol, Kharkiv, Odessa, Severodonetsk... Tutto il mondo ha visto come hanno distrutto queste città”.

Vi accusano anche di crimini e attentati nel Donbass dal 2014 ad oggi.

“Non hanno alcuna prova per sostenere queste accuse. Per capire chi siamo noi di Azov e chi sono loro basta prendere le foto del Donbass dal 2014 a oggi e basta guardare le immagini da quando a fine febbraio hanno invaso l’Ucraina. Mariupol, per esempio, era una città bellissima, venivano turisti da tutto il mondo. I russi possono fare tutta la propaganda che vogliono, ma noi non siamo nazisti, non siamo criminali. È giusto che il mondo sappia qual è la verità, per questo ringrazio Orest per gli scatti che ha fatto ai nostri militari all’interno dell’Azovstal”.

Si riferisce a Dmytro Kozatsky, nome di battaglia Orest, combattente e fotografo, che con i suoi scatti ha documentato la vita nei bunker dell’Azovstal, lasciando poi un link su Twitter con queste foto?

“Sì, certo. In questo modo Orest ha fatto sapere a tutti in che condizioni stavano vivendo. Le sue foto dicono chi siano in realtà i combattenti del Battaglione Azoz.

Non siamo terroristi, non siamo nazisti come racconta la propaganda russa, siamo persone normali disposte a combattere fino all’ultima goccia di sangue pur di difendere il nostro paese. Averli visti camminare fuori dall’acciaieria a testa alta con la divisa dell’Ucraina, mi ha reso orgoglioso di loro. Non hanno perso, non è stata una resa. Hanno solo rispettato un ordine arrivato dall'alto”.

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