Continua il duro attacco dell'Onu alla Birmania per la sua condotta nei confornti della minoranza musulmana presente all’interno del Paese. Dopo la richiesta di incriminazione per genocidio e le pesanti accuse di crimini contro l’umanitá rivolte ai capi dell’esercito di Myanmar, adesso anche la leader birmana, il premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, finisce nel mirino dell’Onu. L’Alto Commissario Onu per i diritti umani, Zeid Ra’ad al Hussein, ha infatti condannato pubblicamente la condotta immorale di Suu Kiy.
Giá rimproverata per non aver utilizzato la sua autoritá politica e morale, adesso Suu Kiy viene accusata apertamente per non aver saputo impedire le atrocitá e i crimini compiuti ai danni dei Rohingya, la minoranza musulmana presente sul suolo birmano. In un’intervista alla Bbc, l’Alto Commissario Onu per i diritti umani ha infatti definito “profondamente deprovevoli” i tentativi del premio Nobel Suu Kiy di giustificare “l’intento genocida” dell’esercito birmano.
“Aveva tutto il potere per intervenire. Avrebbe fatto meglio a rimanere in silenzio, o ancora meglio, avrebbe potuto dimettersi”, ha dichiarato Hussein. “Non c’era nessun bisogno che Suu Kiy parlasse a nome dell’esercito birmano, né che dicesse che le attrocitá commesse sui Rohingya fossero notizie montate e disinformazione”, ha aggiunto l’Alto Commissario Onu per i diritti umani.
Le accuse di Al Houssein arrivano pochi giorni dopo che le dichiarazioni della leader birmana, Aung San Suu Kyi, che elettasi portavoce dell’esercito, aveva definito come “false accuse” la dura condanna dell’Onu all’esercito di Myanmar.
In un recente report, l’Onu aveva aspramente condannato le forze armate brimane per aver violato i diritti umani e per aver commesso crimini contro l’umanitá e genocidio. Nel report la condotta della leader Suu Kiy veniva giá biasimata per eccessiva passivitá e inettitudine.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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