Dopo la recente uccisione di un giovane tedesco avvenuta a Chemnitz, in Sassonia, ad opera di due Afghani, l’Onu scende in campo a difesa dei migranti presenti in territorio europeo. Secondo l’organizzazione internazionale, i governi dei Paesi Ue dovrebbero impedire che i “fatti di Chemnitz” inneschino un’ondata di “rancore e pregiudizi” ai danni degli stranieri richiedenti asilo. Le Nazioni Unite hanno quindi invocato l’abbandono, da parte dei Governi europei, della “linea dura” in ambito migratorio. Al fine di scongiurare “l’ascesa di sentimenti anti-immigrati”, tutti i procedimenti di espulsione avviati nei confronti dei profughi incriminati per reati gravi andrebbero sospesi.
Tali esortazioni sono state pronunciate dai vertici dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr). Melissa Fleming, portavoce dell’agenzia, rivolgendosi principalmente al governo tedesco, ha ribadito l’”inviolabilità” dei diritti riconosciuti ai richiedenti asilo dalle principali convenzioni internazionali. La funzionaria ha condannato l’“ingiustificato clima di sospetto” affermatosi nei principali Paesi europei ai danni dei profughi in seguito ai “fatti di Chemnitz”: “Ogni giorno, gli immigrati stanziati in Europa subiscono pressioni di ogni tipo affinché facciano ritorno nei Paesi di provenienza. Ad alimentare il pregiudizio e l’intolleranza contribuisce, purtroppo, anche l’eccessiva attenzione riservata dai media agli episodi di cronaca nera che vedono coinvolti soggetti stranieri. I reati commessi da alcuni migranti non devono indurre i governi e le opinioni pubbliche a criminalizzare intere comunità di richiedenti asilo”. Le autorità dei Paesi europei, ad avviso della Fleming, non dovrebbero cedere alla tentazione di “attuare vendette” nei confronti di profughi innocenti. Questi ultimi andrebbero salvaguardati da qualsiasi ipotesi di “espulsione di massa” e da ogni altra misura suscettibile di pregiudicare la loro incolumità.
La portavoce dell’Unhcr ha poi fornito ai principali Stati europei un ulteriore suggerimento al fine di contrastare il “crescente odio” dei cittadini verso gli immigrati: “Se un rifugiato commette un delitto nel Paese che lo ospita, le autorità hanno il dovere di processare l’autore del crimine. Le stesse autorità, tuttavia, devono astenersi dal revocare all’imputato lo status di rifugiato. Le decisioni dei governi non devono essere assolutamente dettate dall’emotività”. Le sollecitazioni pronunciate dalla Fleming sono state rimarcate da Filippo Grandi, titolare dell’Unhcr. Egli ha quindi definito “una questione estremamente complessa” l’incessante crisi migratoria e, commentando lo spaesamento provocato nell’opinione pubblica tedesca dai “fatti di Chemnitz”, ha dichiarato: “Criminalizzare un’intera comunità di migranti dopo che alcuni esponenti della stessa hanno perpetrato dei reati è una reazione scriteriata. I richiedenti asilo e i rifugiati, nella loro stragrande maggioranza, non commettono crimini.”
La tesi di Grandi, incentrata sulla bassa propensione a delinquere dei migranti, è già stata smentita da diverse ricerche pubblicate nei mesi scorsi, le quali hanno evidenziato la significativa tendenza degli stranieri presenti in Europa a commettere reati.
La Fondazione Hume, centro studi di area “progressista”, nel suo ultimo rapporto sul nesso causale tra immigrazione e crimine, ha sentenziato: “Il tasso di criminalità degli immigrati in quasi tutti i Paesi dell'Europa occidentale è più alto di quello della popolazione nativa”. In Italia, il tasso di criminalità degli stranieri sarebbe addirittura superiore a quello riscontrato negli altri Stati europei.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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