Il remdesivir, uno dei farmaci sperimentati contro il Covid-19, interamente nelle mani degli Stati Uniti. Quella di Trump è una scelta che farà discutere. Se non altro perché nasconde motivazioni geopolitiche. Una pandemia è in grado di sconvolgere gli assetti delle potenze, limitando o aumentando l'influenza che una nazione ha sull'intero assetto globale. E persino le medicine finiscono con il recitare una parte in questa che assomiglia ad una "guerra" per il dopo Sars-Cov2.
La mossa di Trump
Non sappiamo quante scatole di questa medicina siano rimaste a disposizione delle altre nazioni. Con ogni probabilità parliamo di un numero davvero esiguo. Gli Usa hanno acquistato un quantitativo di remdesivir tale da poter coprire le esigenze medico-sanitarie per i prossimi tre mesi. Il che può configurare un segno di come la pandemia, negli States, rappresenti tutto fuorché un problema risolto. Ma il ragionamento fatto dall'amministrazione di Donald Trump prima di acquistare le scorte - quelle che potevano essere destinate anche ad altri - è centrato sul dominio della scena economica: gli Usa devono trovare per primi la soluzione se vogliono evitare di perdere la loro funzione-guida. La notizia sull'acquisto è stata pubblicata sul Guardian. In questi mesi, ci si è interrogati molto su quale farmaco potesse risultare utile contro il Sars-Cov2. Dalla clorochina all'eparina, passando per il Tocilizumab ed altre soluzioni individuate: alcune sperimentazioni sono ancora in corso. Il remdesivir è apparso sulla scena pubblica più o meno ad aprile. Ma i laboratori, specie quelli statunitensi, ragionavano da tempo su questo rimedio.
Il valore geopolitico del remdesivir
Si tratta di un antivirale che è già stato usato per combattere la prima Sars. Quella che poi è scomparsa, producendo effetti drammatici ma statisticamente minori rispetto al fenomeno pandemico in corso. Ma il remdesivir ha trovato applicazione anche contro altri tipi di virus molto contagiosi e pericolosi per gli esseri umani (ebola su tutti). Circola insomma la speranza che il remdesivir possa essere la famosa "cura" su cui la scienza e la politica lavorano sin da quando il quadro epidemiologico ha certificato la gravità della situazione. Ma anche la geopolitica ha giocato un ruolo nella scelta di Trump e dei suoi. Se il remdesivir dovesse rivelarsi il farmaco più efficace (in parte è già così), gli Stati Uniti sarebbero allora nella condizione di poter gestire la distribuzione del farmaco nei confronti degli altri Stati, mantenendo intatta la sfera d'influenza.
Non accadrebbe lo stesso, per esempio, nel caso in cui un'altra nazione, magari la Cina, riuscisse a produrre per prima un vaccino capace di garantire anticorpi per un lungo periodo di tempo (si parla anche di questo nel mondo scientifico, perché circola il dubbio che gli anticorpi contro il Sars-Cov2 possano non essere definitivi). Possibile che The Donald abbia pensato anche a questo, pure in vista delle elezioni presidenziali di novembre e del clima diplomatico che si è già creato e che verrà alimentato in vista dell'appuntamento elettorale di novembre. Dalla "guerra" dei dazi doganali si è passati alla corsa per consentire al mondo di uscire dal guado del "cigno nero". Infine ci sono le esigenze ed i diritti degli americani (quelli che a novembre sono chiamati al voto), che così potranno sfruttare una sorta di corsia preferenziale per accedere alla somministrazione di un farmaco che rischia di divenire un tema centrale da qui ai prossimi mesi. E se al resto del globo terrestre dovesse servire il farmaco nel corso dei prossimi tre mesi? Bisognerà chiedere al presidente degli Stati Uniti.
La guerra per il vaccino
Il remdesivir è solo un componente di un paniere potenzialmente amplio, ma ancora tutto da scoprire. Il principale banco di prova è il vaccino, su cui Cina e Stati Uniti si stanno confrontando in termini di velocità. Possibile che il primo vaccino venga prodotto altrove (né in Cina né negli States), ma se fosse il Regno Unito a tagliare per primo il traguardo ad esempio, allora gli Stati Uniti potrebbero comunque tirare un sospiro di sollievo. Dal punto di vista geopolitico, per farla breve, il tycoon spera che la Cina non gli arrivi davanti. E la Repubblica popolare cinese sembra aver fatto più di qualche passo verso una direzione positiva. I potenti del mondo, dunque, sono in gara. Citando le parole che ha rilasciato il dottor Marco Cannavicci per InsideOver, si direbbe che "...
quello che sappiamo, prescindendo dalle teorie, è che c’è una corsa da parte della Russia, della Cina e degli Stati Uniti a sfruttare questo virus per scopi economici: incidere sulle borse, incidere sul valore delle monete, incidere sull’economia. Il politico, dove vede spazi per poter intervenire, lo fa. E lo spazio in questo caso si è creato".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.