Il Parlamento Europeo riconosce la militarizzazione russa dell’Artico

Il Parlamento Europeo rileva sei nuove basi russe a nord del Circolo Polare Artico, inclusi sei porti in acque profonde e 13 aerodromi.

Il Parlamento Europeo riconosce la militarizzazione russa dell’Artico

Il Parlamento Europeo, in una risoluzione votata oggi, chiede norme per “salvaguardare il vulnerabile ecosistema dell’Artico, introdurre il divieto di estrazione di petrolio e mantenerlo come zona di cooperazione a bassa tensione”. La risoluzione è stata approvata con 483 voti in favore, 100 contrari e 37 astensioni. I deputati rilevano che “i cambiamenti climatici stanno creando nuovi problemi ambientali e di sicurezza, poiché con lo scioglimento della calotta artica si aprono nuove rotte di navigazione e nuove zone di pesca e aumenta la competizione per le sue risorse naturali”.

“La regione artica è molto sensibile e vulnerabile. Se distruggiamo quest’area sfruttandone le risorse in maniera non sostenibile, non distruggiamo solo una regione unica, ma acceleriamo anche il cambiamento climatico, riduciamo le nostre possibilità di avere acqua pulita e gli effetti sulla riserva ittica saranno devastanti”.

I deputati evidenziano che l’Artico si sta riscaldando a velocità doppia rispetto alla media mondiale e che il mare ghiacciato è diminuito in maniera significativa a partire dal 1981, al punto da essere circa il 40% più piccolo rispetto all’estate di 35 anni fa.

“I quattro milioni di persone che vivono nella regione artica, più tutta la flora e la fauna ivi presente, sono le prime a subire le conseguenze negative dell’aumento dell’inquinamento. Per tale motivo i deputati ribadiscono che il vulnerabile ambiente artico e i diritti fondamentali dei popoli indigeni devono essere rispettati e protetti con salvaguardie più rigorose”.

Il Parlamento Europeo chiede inoltre di vietare “le trivellazioni petrolifere nelle acque ghiacciate artiche dell'UE e del SEE, come pure l’utilizzo di combustibili fossili che potrebbe accelerare ulteriormente il cambiamento climatico. Inoltre, hanno reiterato la loro richiesta del 2014 di bloccare l’uso di olio combustibile nei trasporti marittimi nel Mar Artico. Se ciò non fosse possibile data la situazione internazionale, la Commissione dovrebbe creare delle norme che proibiscano l’uso e il trasporto di olio combustibile (HFO) su navi dirette verso i porti dell’UE”.

La militarizzazione dell’Artico

I deputati evidenziano la crescente presenza di forze armate russe nell’Artico, che dal 2015 “hanno fondato almeno sei nuove basi a nord del Circolo Polare Artico, inclusi sei porti in acque profonde e 13 aerodromi. Inoltre, notano il crescente interesse della Cina nell’accesso a nuove rotte commerciali e a nuove risorse energetiche”.

Sottolineando gli sforzi per mantenere l’Artico una zona a bassa tensione, evidenziano “il ruolo importante del Consiglio Artico nel mantenere una cooperazione costruttiva, bassa tensione e stabilità nella regione.

Dal dicembre del 2012, Mosca ha avviato un’attività sistematica volta a rafforzare la propria presenza militare nella regione. Qualsiasi scenario nucleare riguarderà l’Artico (considerato il principale settore strategico aerospaziale), dal momento che è il percorso di volo più breve tra Usa e Russia. La militarizzazione dell’Artico, con la costruzione di nuove basi o il riutilizzo dei vecchi impianti sovietici, rimarrà una delle priorità della leadership russa nei prossimi anni.

Entro il 2020, Mosca avrà in servizio attivo, tra il 70° e l’80° parallelo, dieci stazioni artiche di ricerca e salvataggio, sedici porti in grado di garantire assistenza logistica ai sottomarini strategici, tredici aeroporti e dieci stazioni radar di difesa aerea in grado di coprire la periferia artica di pertinenza. Sei basi militari operative si trovano sulla sponda settentrionale del paese e sulle isole artiche periferiche. Le basi di Zyvozdny, Nagurskoye, Rogachevo, Mys Shmidta, Sredny Ostrov e Temp sono state equipaggiate per la permanenza a lungo termine del personale militare. Sistemi di allerta e controllo nell’Artico rispondono al Comando Unificato Strategico della Flotta del Nord, creato due anni fa: è una linea di comando flessibile per far fronte alle attività connesse nel campo aerospaziale.

Il 22 aprile del 2014, durante una riunione del consiglio di sicurezza russo, il presidente Vladimir Putin annunciò la costruzione di una nuova rete unificata di strutture navali sui propri territori artici in grado di ospitare navi da guerra e sottomarini strategici.

La flotta rompighiaccio russa

Il riscaldamento della calotta polare rivelerà grandi risorse naturali non ancora sfruttate. Il fondo marino dell'Artico dovrebbe custodire il 15% del petrolio rimanente del mondo, fino al 30% dei suoi giacimenti di gas naturale e circa il 20% del suo gas naturale liquefatto. A causa del fenomeno dell’amplificazione artica, la regione si surriscalda in tempi molto più brevi rispetto a quanto avviene in qualsiasi altra parte del globo. La scomparsa del ghiaccio marino è stimata al 2030, con rotte del Mare del Nord che diverranno percorribili per nove mesi all’anno. Ciò si traduce in una riduzione del tempo di viaggio, pari al 60%, tra Europa ed Asia orientale rispetto a quelle attuali attraverso Panama ed il Canale di Suez.

La Russia dispone attualmente di una flotta di 40 rompighiaccio in servizio attivo mentre undici sono in produzione. Gli Stati Uniti hanno in servizio attivo soltanto una rompighiaccio, la Polar Star. Lo scorso giugno, Mosca ha varato la rompighiaccio a propulsione Arktika, la più potente al mondo appartenente alla nuova classe LK-60Ya, Progetto 22220. Con i suoi 567 piedi di lunghezza ed un dislocamento di 33.500 tonnellate, l’Arktika può spezzare lastre di ghiaccio spesse tre metri. Negli ultimi trent’anni, Mosca ha semplicemente investito maggiori risorse finanziarie nella regione rispetto a qualsiasi altra nazione. Sarebbe corretto rilevare che attualmente, la flotta rompighiaccio russa è in grado di creare, incontrastata, nuove rotte commerciali nella regione artica. Per legge, le navi della Guardia Costiera devono essere costruite in patria, a meno che non vi sia un ordine presidenziale che autorizzi un impegno di spesa fuori dai confini nazionali. Tuttavia, i due cantieri che costruivano le rompighiaccio per gli Stati Uniti sono chiusi. Il gap con la Russia è stimato in almeno dieci anni a causa della miopia delle precedenti amministrazioni che hanno concentrato le principali risorse verso il Medio Oriente. Donald Trump infine.

Sostenitore della perforazione nell'Artico a differenza di Obama che emanato restrizioni in tal senso, il Presidente degli Stati Uniti potrebbe annullare le sanzioni e riprendere la vendita della tecnologia di estrazione alla Russia. Quest’ultima basa la sua economia sul carburante fossile e sui giacimenti di petrolio e gas che si stanno esaurendo molto velocemente.

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