Trump cambia il Medio Oriente. Ora una mappa rivela il piano

Gerusalemme interamente in mano ad Israele, Stato palestinese senza confini con la Giordania formato sul 70% dell'attuale Cisgiordania e collegato con un tunnel alla Striscia di Gaza. Ecco alcune novità della possibile nuova mappa del Medio Oriente immaginata da Donald Trump

Trump cambia il Medio Oriente. Ora una mappa rivela il piano

Finita la conferenza stampa, il “piano del secolo” annunciato da Donald Trump si è poi materializzato su Twitter sotto forma di mappa geografica.

Sul profilo del presidente americano, infatti, con scritte in inglese, in ebraico ed in arabo, è apparsa quella che nei piani della Casa Bianca dovrebbe rappresentare, da qui ai prossimi 4 anni, la nuova cartina del Medio Oriente. Ed in particolare, dei confini relativi allo Stato di Israele ed al futuro Stato palestinese.

La nuova mappa si presenta diversa sia dall’attuale situazione “de facto” che da quella ufficialmente riconosciuta dalla comunità internazionale. Ossia, i nuovi confini sarebbero diversi sia da quelli attuali, sia da quelli parzialmente definiti con gli accordi di Oslo che, infine, da quelli precedenti alla guerra dei sei giorni del 1967.

In primo luogo, a risaltare è la situazione riguardante Gerusalemme: la città non sarebbe divisa tra parte occidentale e parte orientale, quest’ultima rivendicata dai palestinesi e considerata territorio occupato, bensì, sarebbe invece senza alcun confine e rappresenterebbe la capitale di Israele. Un concetto questo ribadito da Trump nella conferenza stampa tenuta alla Casa Bianca assieme al premier Netanyahu.

Le novità più sostanziali, invece, si troverebbero in Cisgiordania: il futuro Stato palestinese non si estenderebbe all’interno dei confini in vigore nel 1967, così come da sempre auspicato dall’Anp, ma in porzioni più piccole di territorio. Questo perché ad Israele verrebbe annessa la Valle del Giordano, una zona attualmente amministrata dallo Stato ebraico secondo gli accordi di Oslo del 1993 ma ricadente all’interno della Cisgiordania. Non solo: ad Israele andrebbe per intero tutta la fascia di territorio delimitata dal fiume Giordano, il quale segna il confine con il Regno di Giordania.

Di conseguenza, lo Stato palestinese sarebbe interamente circondato dal territorio israeliano e non avrebbe frontiere dirette con la Giordania. Inoltre, la porzione del futuro Stato ricadente in quella regione identificata per l’appunto con il nome di Cisgiordania, non avrebbe una sua continuità territoriale. Al contrario, la mappa mostra, soprattutto a nord di Gerusalemme, diverse aree collegate tra loro solo per mezzo di tunnel o ponti. In poche parole, la futura Palestina avrebbe l’aspetto di “isole” od enclavi territoriali collegate solo grazie ad alcune opere infrastrutturali. Infine, sempre all’interno della parte relativa alla Cisgiordania, sarebbe mantenuta la presenza delle colonie ebraiche oggi esistenti.

Non poche novità, osservando la nuova mappa mostrata da Trump, ci sarebbero anche in merito la conformazione della Striscia di Gaza. Qui l’attuale estensione, corrispondente ai confini pre 1967, verrebbe confermata ma, per dare respiro economico ed urbanistico a questa regione sovraffollata, dovrebbero essere aggiunte almeno altre due aree da far gestire ai palestinesi e da collegare con la zona del valico di Rafah.

In particolare, nella mappa è prevista la formazione di un’area industriale ed artigianale ed un’altra invece comprendente una zona residenziale ed agricola. La Striscia di Gaza inoltre, verrebbe collegata alla Cisgiordania con un tunnel che attraverserebbe il territorio israeliano.

La nuova mappa, ha assicurato in conferenza stampa Trump, piace agli israeliani. Dai palestinesi, invece, al momento arrivano chiusure. A pesare per questo giudizio, sono le concessioni che verrebbero fatte in Cisgiordania e soprattutto la definitiva perdita di Gerusalemme Est. Proprio nei territori palestinesi si registrano già i primi scontri: a Ramallah, in particolare, in 13 sarebbero rimasti feriti dopo alcune manifestazioni seguite all'annuncio del nuovo piano di Trump.

Hamas, l'organizzazione vicina ai Fratelli Musulmani che governa la striscia di Gaza, ha già fatto sapere di non voler accettare il piano. Ma è l'intera politica palestinese a ricompattarsi contro la nuova mappa redatta da Trump: così come si apprende dall'agenzia Wafa, il presidente dell'Anp Abu Mazen ha chiamato il direttore dell'ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh, spiegando la volontà di "unire tutte le forze politiche sociali per sventare il piano statunitense".

Commenti negativi anche da altre capitali della regione: da Ankara ad esempio, il ministero degli esteri turco ha dichiarato di considerare il piano di Trump come "nato morto" e pericoloso per la stabilità del medio oriente.

In Iran invece, in una nota anche in questo caso del ministro degli esteri si parla di "tradimento del secolo". Da Amman, il governo giordano teme "pericolose ripercussioni" dopo la presentazione del piano voluto dal presidente Usa

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