Ci sarebbe un'incredibile catena di errori, incompetenza e imbecillità dietro alle circostanze che portarono Anis Amri a poter realizzare l'attentato terroristico che il 19 dicembre scorso causò la morte di dodici persone che passeggiavano per i mercatini natalizi a Berlino.
Una sequela di passi falsi commessi dai vari apparati di sicurezza tedeschi, dalla magistratura alla polizia. Oggi due importanti testate giornalistiche teutoniche pubblicano nuove rivelazioni che contribuiscono a definire il quadro che permise ad Amri di agire indisturbato. Le intenzioni criminali del terrorista tunisino sarebbero state ben note, ma il sospetto non venne arrestato a causa di alcuni cavilli di legge.
Gli infiltrati nella cellula di Abu Walaa
La polizia tedesca, ad esempio, sarebbe da tempo stata sulle tracce della cellula di Abu Walaa, predicatore radicale operante in Nord Reno-Westfalia a cui Amri faceva riferimento e che è stato arrestato lo scorso novembre. Le autorità germaniche avrebbero ottenuto informazioni preziose grazie a due infiltrati: si sapeva, infatti, che i jihadisti stavano studiando un attentato terroristico da realizzare con un tir imbottito di esplosivo da lanciare sulla folla.
Secondo il quotidiano di Colonia Kolner Stadt Anzeiger, nel dicembre 2015 Amri avrebbe partecipato a una marcia di esercitazione con un pesante bagaglio sulle spalle, nell'ambito di un programma di esercitazioni alla jihaad - sempre promosso da Abu Walaa - a cui prendevano parte molti giovani aspiranti jihadisti. Una sorta di indottrinamento alla guerra santa, con tanto di lezioni di arabo e prove pratiche.
Amri inoltre avrebbe addirittura cercato istruzioni su come costruire bombe su internet. Nel luglio 2016, un agente sotto copertura del Land del Nord Reno Westfalia avrebbe addirittura riportato che Amri si era vantato di essere pronto a fare una strage. Minacce poi ripetute in più occasioni.
Le pastoie della legge impedirono l'arresto di Amri
Niente di tutto questo, però, sarebbe bastato ad espellerlo dal Paese o anche solo ad arrestarlo. Secondo la legge tedesca, infatti, occorrono prove molto più pesanti per convincere i tribunali della pericolosità di un soggetto e della necessità di porlo sotto custodia cautelare.
Così l'unico appiglio per sbarazzarsi del pericolo sarebbe stato quello di rimpatriarlo in Tunisia, di dove era originario: ma il Paese nordafricano, riporta la Suddeutsche Zeitung, avrebbe cercato di rimandare il più possibile il rimpatrio di quel connazionale pericoloso proprio perché sapevano che si trattava di un soggetto a rischio.
Così le procedure per allontanare Amri dalla Germania si sono concluse solo il 21 dicembre, due giorni dopo la strage di Berlino, quando la Tunisia ha finalmente inviato a Berlino i documenti necessari per il rimpatrio, dopo esservi stata costretta dal confronto delle impronte digitali, che provavano la nazionalità del ventiquattrenne.
Ma le mancanze delle autorità tunisine non possono comunque far passare in secondo piano l'incredibile sequenza di passi falsi di quelle tedesche: basti pensare che da marzo a settembre del 2016 il telefono di Amri era sotto controllo perché sospettato di essere coinvolto in
un traffico di droga. Oltre quel periodo, però, le intercettazioni non furono prolungate perché per i casi di spaccio la legge tedesca consente intercettazioni per un periodo massimo di sei mesi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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