Il governo polacco sta cercando di mantenere il controllo sulla diffusione della peste suina africana (ASF), giunta nel paese probabilmente tramite il contagio avvenuto con l’incontro di cinghiali bielorussi già infetti. Al momento la peste è infatti diffusa tra i cinghiali selvatici, ma potrebbe ben presto essere trasmessa anche ai maiali d’allevamento con il rischio di gravi ripercussioni sul piano economico ed alimentare.
Perciò il governo si è trovato costretto a prendere una decisione che non fa certo piacere agli animalisti, ovvero abbattere la quasi totalità della popolazione di cinghiali del paese. A partire dalla scorsa settimana è dunque cominciata la caccia al suino selvatico e nel giro di poche settimane saranno presto già stati uccisi quasi 20mila esemplari. Secondo i calcoli del governo al termine dell’intera stagione di caccia saranno stati eliminati circa 190mila cinghiali, la quasi totalità di una popolazione che s’aggira intorno alle 215mila unità.
La drastica decisione del partito di governo “Diritto e Giustizia” ha suscitato reazioni negative da parte delle associazioni ecologiche, degli scienziati e – ovviamente – dell’opposizione politica.
“Una massiccia caccia collettiva in vaste aree può portare a muovere i suini selvatici e quindi provocare una nuova diffusione del virus ASF più velocemente e più lontano”, ha detto Rafal Kowalczyk, direttore dell'Istituto di studio dei mammiferi presso l'Accademia polacca della scienza.
Anche parte della popolazione si è attivata contro la decisione di uccidere i cinghiali. Numerose pagine su Facebook si sono riempite presto di foto di suini e in varie città del Paese si sono levate azioni di protesta. Una petizione online contro la caccia ha ottenuto velocemente oltre 300mila firme che chiedono la revoca dello sterminio.
Come risultato, il governo vuol ora correggere il proprio tiro.
Il ministro dell’Ambiente Henri Kowalczyk ha comunicato che verranno quantomeno risparmiati gli esemplari femmina gravidi e quelli che si stanno prendendo cura dei cuccioli. I sostenitori del governo hanno tuttavia ricordato che anche in passato ci sono stati stermini di massa, ma che allora nessuno era sceso in piazza a protestare.
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