Aveva invitato una collega musulmana a partecipare a un evento sportivo organizzato dalla sua chiesa, le aveva regalato un libro e pregato per lei. Per questo un’ergoterapeuta inglese era stata accusata di “bullismo” dal Sistema sanitario nazionale che l’ha costretta a nove mesi di inattività e l’ha obbligata a sottoscrivere una serie di impegni mirati a impedirle in futuro di parlare della sua fede nell’ambito professionale. Adesso, a distanza di 2 anni da quei fatti, dopo aver ingaggiato una battaglia legale, la donna è stata giudicata colpevole.
Le due donne lavoravano insieme in un team di trenta specialisti di terapia occupazionale presso un centro della capitale, l’East London Nhs Fundation Trust. Wasteney, che è la responsabile della squadra, raccontando al Telegraph la sua versione dei fatti ha rievocato il loro incontro: "In una delle prime conversazioni che ricordo lei mi disse che si era appena trasferita a Londra" e che "sentiva che Dio aveva un progetto su di lei". Per questo Victoria si sentì libera di rivelarle che anche lei ha fede e frequenta una chiesa, "ma con molta cautela perché nel nostro ambiente è facile fraintendere. E visto che lei è di una fede diversa feci attenzione a non mancarle di rispetto".
Victoria Wasteney, dopo che è stata ritenuta colpevole di mobbing nei confronti della sua impiegata, aveva deciso di ricorrere in appello. Tuttavia il secondo tentativo si è rivelato vano: il giudice Eady QC infatti ha respinto il ricorso in un'udienza avvenuta nel centro di Londra.
In seguito alla decisione, Victoria si è pronunciata così: "La Corte ha chiaramente fallito nel dire come, in un mondo politically correct com'è quello odierno, può un cristiano parlare di fede con un collega senza rischira di finire in tribunale".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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