Magari non ci sarà una guerra nucleare ma l'evoluzione del conflitto in Ucraina è tale che non avrà una veloce risoluzione e potrebbe evolvere in una guerra fredda moderna: è questo il pensiero di Marta Dassù, direttrice della rivista Aspenia, consigliere del "The Aspen Institute" ed ex viceministro degli Affari Esteri durante il governo Monti e il governo Letta. Intervistata dal Messaggero, ha spiegato che vista la situazione attuale "è troppo presto" pensare che si possa trovare "una tregua o un accordo. Nessuna delle due parti ha per ora veri incentivi a negoziare. E quindi la guerra di attrito continuerà, nell’Est e nel Sud dell’Ucraina".
Le condizioni per un accordo
Affinché ci si possa davvero sedere a un tavolo per negoziare il cessate il fuoco, Putin vuole due cose: "il controllo dell’intero Donbass, di cui oggi la Russia controlla circa un terzo, e il riconoscimento dell’annessione della Crimea", spiega Dassù. Queste due condizioni, comunque, non fanno dormire sonni tranquilli perchè le intenzioni di Mosca potrebbero anche puntare al "controllo di Odessa" con l’Ucraina che perderebbe "l’accesso al Mar Nero". In ogni caso, quello che viene detto il giorno prima è smentito in quello successivo. Putin non è affidabile e non si sa se avrà luogo una tregua "parziale e temporanea, che Putin utilizzerà per dichiarare una sua 'vittoria'. Ma poi la guerra potrebbe riprendere", sottolinea la direttrice di Aspenia.
L'evoluzione in guerra fredda
La strada è molto in salita: sia per quanto detto finora ma anche per il convolgimento della Moldavia, in particolare la Transinistria, che fa molta gola a Putin. Ecco perché la Dassù teme "una guerra fredda 2.0" oltre a "un forte aumento di instabilità nel Mediterraneo e nei paesi africani, come effetto della crisi alimentare provocata dalla guerra". I rischi sono anche per l'italia: il conflitto e la pandemia durata due anni e dalla quale ci stiamo lentamente iniziando a liberare favoriranno comunque una "crescita bassa e inflazione alta, cosa che per certi versi ricorda gli Anni 70". L'esperta ipotizza che non ci sarà un conflitto diretto tra la Nato e la Russia e che le minacce di Putin al ricorso del nucleare sono soprattutto "una forma di pressione o intimidazione".
Il ruolo dell'Europa
Non è tutto oro quello che luccica: alcuni Paesi dell'Alleanza Atlantica devono subire maggori costi "in termini energetici" ma "per il momento il fronte occidentale regge, come dimostra la svolta tedesca sulle forniture di armi pesanti all’Ucraina", spiega al quotidiano romano Marta Dassù. Di certo che c'è il conflitto russo ha eliminato definitivamente l'illusione di poter cooperare "con un regime come quello di Putin. Se non ci sarà un cambio di potere a Mosca la Russia resterà isolata dal mondo occidentale. Oggi è difficile immaginarlo, ma le crepe ci sono", aggiunge. In questo senso, gli aiuti a Zelensky si stanno rivelando fondamentali per il conflitto che si trova in una fase interlocutoria in cui Putin prova nuovamente a rafforzarsi e l'Ucraina a difendersi contrattacando laddove mezzi e uomini lo consentono.
Il fattore Cina
"La variabile decisiva sarà la Cina, che ha nella Russia un paese-cliente con risorse energetiche cruciali ma che non ha interesse a precludersi i mercati occidentali", afferma l'ex viceministro. Pechino potrà sparigiliare le carte in tavola o no ma "Xi Jinping guarda soprattutto al suo terzo mandato". In questo confronto, L’Europa può diventare "l’anello debole" nel confronto tra Stati Uniti e una Russia che è considerata comunque molto più debole, isolata e frustrata. Dalla sua ha il gas con il quale gestire i rapporti e i contratti ma non è detto che la spunti.
È chiaro però che l'Ue, se vorrà essere indipendente, dovrà attuare "una politica energetica molto diversa dal passato e una difesa comune complementare alla Nato. In questo senso, l’Ucraina sta combattendo una battaglia anche per il futuro dell’Europa", conclude.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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