Il ricatto delle banche "spegne" la marijuana legale di Mujica

Gli istituti finanziariconsiderano i guadagni come un frutto del narcotraffico

Il ricatto delle banche "spegne" la marijuana legale di Mujica

Produzione, vendita e consumo: tutto legale. Una svolta storica per l'industria della marijuana quella arrivata a fine luglio in Uruguay, primo Paese al mondo a dire "sì" all'utilizzo ricreativo e alla possibilità per i cittadini di comprarla anche nelle farmacie.

La conclusione di un lungo processo, iniziato con Pepe Mujica, il presidente che già nel 2013 aveva fatto approvare in via definitiva la legge per la legalizzazione totale, passata dopo un lungo dibattito con i voti di una sinistra convinta di poter togliere un business lucrativo dalle mani della criminalità.

È passato un mese da che il "fumo" è diventata legale al 100%, ma in Uruguay i primi problemi cominciano a sorgere e sono di carattere economico. Nelle case dello Stato ci sono 90 mila dollari in più, frutto della vendita di 70 chili di erba. E dunque non è questo il tasto dolente. Sono piuttosto le banche a bloccare un ingranaggio che sembrava ben oliato.

Se in Uruguay la marijuana per uso ricreativo è legale, all'estero le cose non stanno così e gli istituti finanziari esteri, con l'America in prima linea, non accettano soldi legati ad attività che vengono considerate narcotraffico per via delle norme anti-riciclaggio.

Risultato? Gli

istituti uruguayani sono stati costretti a tranciare ogni legame con chi in marijuana commercia legalmente nel Paese, per evitare un isolamento pericoloso. Salvo soluzioni creative, la "rivoluzione Mujica" rischia grosso.

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