Crisi dei migranti, crisi economica, disoccupazione giovanile, crescita dell’euroscetticismo: le risposte a questi problemi devono essere comuni e non nazionali. È quanto ha sottolineato ieri il vice ministro degli Esteri tedesco, con delega alle Politiche e Affari europei, Michael Roth, in visita in questi giorni a Roma, intervenendo ieri al dibattito organizzato dal think tank tedesco Das Progressive Zentrum, in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri di Berlino, e l’Istituto Affari Internazionali (IAI).
Per il ministro Roth, l’accordo Ue-Turchia, entrato in vigore lunedì, con il trasferimento in Germania e Finlandia dei primi rifugiati siriani che hanno ottenuto il diritto alla protezione internazionale, “non è un buon accordo, ma è molto meglio dello status quo”, poiché “nel medio termine non c’era possibilità di raggiungere un accordo migliore con il consenso di tutti i 28”. “In questo momento in Europa non c’è il consenso politico per mettere a punto una politica migratoria equa e sostenibile, il cui pilastro deve essere la distribuzione in quote dei migranti tra i 28 Stati membri, cosa che in questo momento non funziona” ha affermato il ministro di Berlino, che ha ribadito che l’accordo con la Turchia rappresenta, in questo quadro, l’unica risposta europea alla crisi.
“Non mi piace l’arroganza con cui si discute della Turchia: la Turchia ospita 3 milioni di rifugiati e gli europei non vogliono riceverne un milione, in Turchia vivono 80 milioni di cittadini, in Europa 500 milioni”, ha proseguito Roth, affermando che l’Europa deve fare di più per aiutare la Turchia a gestire la presenza di migranti e rifugiati sul proprio territorio. “È questo il motivo per cui abbiamo investito 6 miliardi di euro, non per metterli nelle tasche di Erdogan, ma per investirli in educazione, formazione al lavoro e spese sanitarie per 3 milioni di rifugiati”, ha affermato il ministro, “non vogliamo che vengano in Europa? Dobbiamo fare il possibile per farli stare bene nel Paese dove sono stati accolti”.
“Il piano d’azione Ue-Turchia”, ha proseguito Roth rispondendo ad una domanda de ilGiornale.it, sulla possibilità che l’accordo con Ankara fosse stato siglato più per dare una risposta al calo del consenso interno del governo Merkel, che per rispondere ad effettivi interessi comunitari, “è nel nostro interesse comune, perché è nostro interesse comune ridurre il numero dei rifugiati, visto che nessuno in Europa, eccetto la Germania e pochi altri, è in grado di riceverne altri, non per arroganza, ma perché è comprensibile che un Paese che deve affrontare seri problemi economici non può essere anche in grado di invitare centinaia di migliaia di migranti”. “Questo è il motivo per cui abbiamo proposto un meccanismo di redistribuzione equa, che non è entrato ancora in funzione”, ha proseguito il ministro. “Un altro esempio dell’efficacia dell’accordo è che i turchi stanno permettendo ai rifugiati siriani di lavorare e ai bambini di andare a scuola, lo scorso anno 200.000 bambini siriani in Turchia non hanno avuto questo privilegio: questo è il motivo per cui dobbiamo investire più fondi, e questo è il punto cruciale del nostro accordo”, ha concluso.
“Il mio dicastero è fortemente contrario alla chiusura dei confini e siamo fortemente contrari alle iniziative nazionali contro l’immigrazione”, ha quindi sottolineato il ministro con chiaro riferimento alle politiche migratorie dure di alcuni Stati europei, alla vigilia dell’annuncio del ministro degli Interni tedesco De Maiziere, sulla revoca dei controlli alle frontiere tedesche introdotti a gennaio, a partire dal 12 maggio prossimo. Per il ministro tedesco alle Politiche e Affari Europei è inoltre fondamentale riformare il sistema di Dublino e facilitare le procedure per l’accoglimento delle domande d’asilo in Germania, anche se, secondo Roth, non si può offrire accoglienza illimitata, con riferimento ai migranti economici.
“Oggi l’Europa è divisa sul tipo di società in cui vuole scegliere di vivere”, ha affermato inoltre il ministro, intervenendo sul punto dell’integrazione, “è inaccettabile dover scegliere chi accogliere sulla base della religione, tra cristiani o musulmani, dobbiamo imparare che differenti culture e religioni arricchiscono la società, mettendo in chiaro i nostri valori”.
“In Germania dibattiamo molto di cosa significhi l’integrazione: significa incoraggiare i migranti e i rifugiati a diventare membri della nostra società attraverso l’apprendimento della lingua, dell’accettazione dei nostri valori, ed è un privilegio per noi accoglierli perché arricchiscono il nostro mercato del lavoro e la nostra società”, ha concluso Roth, intervenendo nel dibattito sulle principali sfide che l’Italia, la Germania e l’Ue dovranno affrontare nel prossimo futuro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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