Settantacinque anni fa il D-Day, il "giorno più lungo"

Il 6 giungo 1944 aveva inizio l'Operazione Overlord, l'invasione dell'Europa pianificata dagli Alleati per liberare la Francia dall'occupazione nazista e aprirsi la strada per Berlino. Era il D-Day

Settantacinque anni fa il D-Day, il "giorno più lungo"

"Ferisce il mio cuore con monotono languore" e "Giovanni ha i baffi lunghi" aveva annunciato Radio Londra nell'edizione della sera del D-Day. La strofa della poesia di Verlaine aveva un significato preciso: avvertire i maquisards della Resistenza che il giorno della liberazione dall'occupazione nazista della Francia era arrivato, e che l'invasione aveva inizio. Allo scoccare della mezzanotte del 6 giugno l'ora "X" per 23mila paracadutisti americani, inglesi e canadesi sarebbe scattata, e dì li a poco sarebbero scesi sulla Normandia per assicurarsi i ponti strategici sul fiume Orne, conquistare gli snodi strategici nell'entroterra e distruggere l'artiglieria costiera che difendeva le spiagge di sbarco. Su un nugolo di bimotori, quadrimotori e alianti sono stipati i ragazzi della 101ª Divisione aviotrasportata americana, le "Screaming eagles", gli "All American" dell’82ª, la 6ª Airborne britannica e brigate indipendenti canadesi. Li aspetta un salto del buio con 40 chili di equipaggiamento addosso. Scenderanno proprio nel cuore del territorio nemico.

Sarà il D-Day, il "giorno più lungo", come lo aveva definito il feldmaresciallo Rommel, comandante in capo delle forze di occupazione tedesca insieme a Von Rundstedt. Tutto si deciderà nelle prime 24 ore. Se la forza d’invasione guidata da Eisenhower verrà inchiodata sulla spiaggia per poi essere respinta, la fortezza Europa sarà salva, altrimenti sarà il primo passo verso la disfatta definitiva del Terzo Reich.

Nella notte migliaia di fantocci di cotone e paglia - soprannominati "Rupert" - vengono lanciati in diverse zone della Francia settentrionale per depistare i tedeschi, che dopo essere stati ingannati dalla informazioni false fornite dalle spie doppiogiochiste come gli agenti Garbo e Tricycle, si convincono che lo sbarco degli alleati è imminente, ma sarebbe avvenuto sulle coste a est di Le Havre, verso il Pas-de-Calais: dove il Vallo Atlantico, la mastodontica linea di fortificazioni costiere voluta da Adolf Hitler, era più solida e meglio presidiata. Vengono spostate così le truppe migliori della Wehrmacht. Le divisioni corazzata invece restano dove sono, in retroguardia, lasciando sguarnita la bassa Normandia, dove 5 spiagge designate - nomi in codice Utah, Omaha, Gold, Juno e Sword - verranno prese d’assalto all’alba da 150mila uomini trasportati su migliaia di navi da battaglia di ogni tipo e grandezza.

In mezzo a queste spiagge di sbarco spicca Point du Hoc: scogliera a picco sul mare dove si affacciano cannoni di grosso calibro che da soli possono impedire lo sbarco dell'intero corpo di spedizione americano. Sotto il fuoco nemico alle 7.00 del mattino duecento "rangers" scalano le scogliere alte 30 metri per mettere a tacere le artiglierie e salvare le sorti dell'operazione.

Alle prime luci dell'alba il cannoneggiamento della costa ha inizio. Le bocche da fuoco dell’intera flotta puntano sulla costa. Chi è nei bunker sulla spiaggia si trova ad ammirare uno spettacolo letale: 6.500 navi da guerra appaiono all'orizzonte, a perdita d'occhio. Puntano tutte su di loro. Gli aerei riempiono il cielo. Hanno tutti ampie strisce bianche e nere sulle ali e sulla fusoliera. Il comando alleato le ha chiamate "invasion stripes”, e sono state dipinte in fretta e furia pochi giorni prima per evitare di essere scambiati per aerei "nemici". Un precauzione che si rivelerà inutile: quel giorno si alzeranno in volo soltanto 6 caccia tedeschi, gli unici disponibili. Il giorno successivo andranno rimosse: rendono gli aerei troppo riconoscibili. Le ali alleate che sorvolano la costa francese nel D-day sono oltre 10mila. Tra loro c'è l'asso da caccia della Francia Libera Pierre Clostermann, che descriverà nel suo libro "le Grand Cirque" quello spettacolo impressionate visto dall’aria.

A terra, tra le mine antiuomo e la pioggia di pallottole che piove dalle casematte, le prime ondate della fanteria mettono piede sulla spiaggia. Fradici, sovraccarichi di equipaggiamento e munizioni, sballottolati dalle onde e terrorizzati dai morti che sono già accalcati sulla battigia. A Omaha, settore americano, sarà un massacro: 350 metri di sabbia e sangue sotto il fuoco nemico prima di arrivare a un riparo e potersi riorganizzare per aprire un varco nelle difese tedesche. Solo i cavalli di frisia e gli ostacoli anticarro possono salvare un uomo dal tiro incrociato delle famigerate Mg-42, le mitragliatrici tedesche che hanno una cadenza di tiro di 1.500 colpi al minuto. Sulle altre spiagge andrà meglio. Dei 156.000 uomini che il 6 giugno invadono la Normandia, 9.000 trovano la morte il primo giorno. Duemila solo sulla sabbia di Omaha beach, dove sbarcherà anche il fotografo Robert Capa, autore di quegli scatti rimasti indelebili nella memoria dei posteri.

Entro la sera le teste di ponte sono state tutte prese e tenute. Ovunque si avanza nell’entroterra. Le unità di fanteria si uniscono alle forze aviotrasportate e le controffensive dei tedeschi non sortiscono l’effetto sperato da Rommel. Ci varranno settimane per riorganizzarsi.

Oramai nel giugno del 1944 la macchina bellica della Germania nazista è stremata. L’esercito tedesco, già impegnato su più fronti, ha subito pesanti perdite e non può contare su un sufficiente appoggio aereo o navale. Gli Alleati hanno il dominio completo del cielo e del mare, lresistenza francese conduce sabotaggi sistematici delle linea di comunicazione tedesche, i raid aerei della Raf e dell'Usaf martellano le linee di rifonimento. Alla fine di giugno gli Alleati prendono il porto di Cherbourg, da sempre considerato obiettivo strategico per muovere verso Parigi.

I rifornimenti che giungeranno dall’altra parte della Manica permetteranno di sfondare le linee alla fine di luglio, consentendo alla forza d’invasione di accerchiare e travolgere le truppe tedesche nella sacca di Falaise. La strada per Berlino era aperta.

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