*Di Bai Yang
Alla fine di questo 2021, settecentesimo anniversario della sua morte, ricordiamo quanto il mondo intero abbia onorato Dante Alighieri con numerose attività commemorative. In Cina, editoria, cultura e mondo letterario si sono lanciati in innumerevoli iniziative, tra cui convegni sul “sommo poeta” e la sua Divina Commedia. Il numero sempre maggiore di studiosi cinesi interessati alle ricerche sulla vita medioevale ha reso i rapporti tra Dante e la Cina sempre più intimi. E una notizia in arrivo dall’Italia ha sicuramente surriscaldato questi rapporti, diventando l’evento clou delle commemorazioni.
La prima traduzione integrale in cinese della Divina commedia
Ecco una data da ricordare. Nella conferenza stampa del 26 ottobre 2021 presso il proprio quartier generale a Firenze, l’Accademia della Crusca ha presentato un manoscritto in cinese, appena scoperto, della Divina Commedia, risalente ai primi anni del Novecento. Se la datazione verrà confermata, si tratterà della prima traduzione integrale in cinese della Divina Commedia! Wen Zheng, docente di lingua italiana presso la Beijing Foriegn Studies University, che ha esaminato la S foto di parte del manoscritto, afferma che il traduttore non è un cinese, ma un italiano: si tratta del frate francescano toscano Agostino Biagi (1882-1957), missionario in Cina nei primi del Novecento, dove iniziò la traduzione in cinese della Divina Commedia con l’aiuto di studiosi cinesi. Tornato in Italia, egli lasciò l’ordine francescano e diventò pastore evangelico, operando ad Avellino e a Genova, e insegnò la lingua cinese e altre lingue in diverse scuole italiane. Antifascista della prima ora, dedicò buona parte della sua vita a questa straordinaria traduzione.
Per la sua versione cinese della Divina Commedia Biagi adottò una delle forme dell’antica metrica cinese, consistente in versi di sette caratteri. Secondo Wen Zheng “dal manoscritto emerge che Biagi cercò di mantenere la rima dei versi, effettuando una scelta accurata dei termini, dato che conosceva benissimo la lingua cinese. La sua traduzione, oltre al valore letterario, possiede un indubbio valore storico e culturale”. Dopo la scoperta del manoscritto, ovviamente gli sguardi degli studiosi di Dante e della sua Commedia resteranno puntati sulla Cina, e certamente maggiore sarà l’interesse per il Divino Poeta presso gli studiosi cinesi. I cinesi scoprirono Dante e la Divina Commedia tra la metà e la fine del XIX secolo tramite i missionari attivi in Cina, che ne accennavano quando presentavano in generale la storia della letteratura e della cultura europea - senza quindi riuscire a portare su Dante la dovuta attenzione del pubblico cinese. Di conseguenza, il primo cinese a scoprire veramente il sommo poeta potrebbe essere stato l’intellettuale Liang Qichao. Quale promotore della Riforma dei Cento Giorni – che durò dal giugno al settembre del 1898 e fu un importante movimento di riforma politica nella storia moderna cinese, portatore del pensiero illuminista, della cultura scientifica e della traduzione dei classici occidentali - Liang Qichao presentò ampiamente Dante come uno dei maggiori attori nella formazione della nazione italiana, allo scopo di incitare i cinesi a opporsi al vecchio sistema decadente. In seguito, all’inizio del XX secolo, comparve il Movimento della Nuova Cultura, i cui pionieri Cheng Duxiu, Lu Xun e Hu Shi lanciarono il Movimento della Lingua Vernacolare, e per loro Dante, che aveva gettato le basi della lingua italiana moderna, diventò un modello. Secondo Wen Zheng “all’epoca l’interesse dei cinesi per Dante si concentrava sulla sua dottrina nazionale e sulle sue concezioni politiche, e pochissimi erano i lettori della Divina Commedia. Egli fu più che altro un simbolo con cui i riformatori cinesi cercavano di risvegliare nel popolo la volontà di riforma, così da salvare la nazione cinese. In tale contesto un po’ tumultuoso, nacquero incomprensioni su Dante, vista anche la scarsità degli studi in merito”. Cento anni fa, nel 1921, per commemorare i seicento anni dalla morte di Dante, il grande traduttore e scrittore Qian Daosun tradusse i primi tre canti della Divina commedia, considerati dal mondo accademico cinese la prima traduzione, almeno fino alla scoperta della versione di Biagi. La prima versione completa cinese comparve soltanto nel 1948, ad opera di Wang Weike, matematico e studente della scienziata Marie Curie. La prima versione tradotta direttamente dall’originale in lingua italiana si deve a Tian Dewang, che studiò a Firenze negli anni trenta del secolo scorso, e che impiegò 18 anni a completare la traduzione dell’opera (Dante ce ne aveva messi 15 per scriverla). Dopo la pubblicazione nel 1993, l’allora presidente italiano Oscar Luigi Scalfaro, per esprimere gratitudine e apprezzamento, conferì a Tian Dewang l’onorificenza dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Oltre due terzi della versione sono occupati da note dettagliate, così da permettere ai lettori di conoscere a fondo le basi culturali e lo sfondo di quell’epoca della storia dell’Italia e dell’Europa. In seguito, le traduzioni in cinese del capolavoro di Dante sono aumentate, sebbene in numero molto minore rispetto ad altre famose opere letterarie straniere. “La traduzione letteraria è figlia di letture diverse, legate ciascuna alla propria epoca, da qui la perenne necessità di nuove versioni. Ora in Cina l’ambito delle traduzioni della Divina Commedia è molto incoraggiante: ogni versione ha la propria caratteristica, alcune privilegiano la rima, altre il contenuto o la comprensibilità, altre ancora seguono le abitudini di lettura dei cinesi. Ogni versione, perciò, ha il proprio valore”. Secondo lo scenario che riporta Wen Zheng, nel 2021, per il settecentesimo anniversario della morte di Dante, molte grandi case editrici cinesi hanno presentato nuove edizioni della Divina Commedia. E i lettori hanno potuto anche godere di due versioni totalmente nuove, tra cui quella dell’italianista Wang Jun (che quattro anni fa aveva pubblicato la traduzione cinese dell’Orlando Furioso).
Sono importanti sia la forma che il contenuto
Dopo la pubblicazione nel 2018 della traduzione dell’Orlando Furioso, il professor Wang Jun si è gettato anima e corpo nella Divina Commedia. “Traducendo l’Ariosto, intendevo tradurre anche Dante. Stanco del primo, mi rilassavo con il secondo”. Sia la Divina Commedia sia l’Orlando Furioso sono poemi in endecasillabi. La complessità intrinseca del linguaggio poetico e la forte diversità tra le forme poetiche dei vari Paesi aggravano ulteriormente la traduzione in forma poetica dei componimenti, di conseguenza molti traduttori scelgono la prosa. Anche se a suo tempo il professor Tian Dewang si è rammaricato di non essere un poeta e, quindi, di non poter tradurre la Divina Commedia in forma poetica, egli ha comunque insististo nel cercare una forma affine, così da mantenere la bellezza della rima e del testo originale. “Devo provare, anche se la traduzione non è perfetta.”
La poesia classica cinese apprezzata in tutto il mondo, presenta una forma assai diversa da quella in endecasillabi. Prima di tradure l’Orlando Furioso, Wang Jun ha effettuato tentativi per una buona decina d’anni: “Ho provato con i settenari e le quartine, il più delle volte con buoni risultati, ma in alcuni casi, per esempio quando ci si imbatte nei lunghi nomi stranieri, il ritmo viene infranto. Alla fine ho trovato un certo equilibrio nelle forme cantate e parlate della narrazione tradizionale cinese, dotata di rima, particolarmente adatta alla poesia narrativa straniera”. Questa narrazione presenta parti cantate e recitate, il che combacia col fatto che la Divina Commedia, al tempo di Dante, era presentata al grande pubblico in forma recitata. Settecento anni fa Dante usò il “volgare” fiorentino per scrivere, allo scopo di influenzare il più possibile tutti i fedeli cattolici della sua epoca. Settecento anni dopo, quando il “volgare” è ormai difficile da capire, come può operare il traduttore? Secondo Wang Jun, la Divina Commedia è “ostica” per i settecento anni trascorsi dalla sua compilazione, per la ricchezza del contenuto e la profondità del pensiero teologico e filosofico, ma non lo è per il linguaggio. La traduzione deve facilitare la lettura del grande pubblico, con termini comprensibili a tutti. E il modo migliore è inserire espressioni e rime antiche nel vernacolare, in modo che il lettore, capendo facilmente il significato, abbia presente che si tratta di un lin Sguaggio di settecento anni fa. La Commedia dantesca è un pilastro nella storia del pensiero e della letteratura mondiale, ma il mondo ha visto cambiamenti radicali e il secolo di Dante è ormai simboleggiato da testi e da oggetti esposti nei musei. Perciò c’è da chiedersi: a parte il mondo degli studiosi, settecento anni dopo che cosa può trarre il grande pubblico dalla lettura della Divina Commedia? Secondo Wang Jun, oltre al ricco contenuto teologico, filosofico, di scienze naturali e di etica “siamo di fronte ad un’opera di genio e fantasia, ad un linguaggio vivo e pittoresco che introduce in un mondo unico. Ognuno dei tre canti della Divina Commedia presenta proprie caratteristiche: ad esempio, l’Inferno è straordinario e il Paradiso meraviglioso. In tarda età, Dante aveva ormai accumulato una messe di esperienze e di emozioni. Le sofferenze dell’Inferno sono un ampliamento della sofferenza dell’umanità, ma il Paradiso non è una mera estensione della felicità umana”. Perciò, leggendo la Divina Commedia, c’è sempre un momento in cui ci si sente penetrare a fondo, nell’intimo della propria vita. Oggi i cinesi hanno una comprensione nuova di Dante, della Divina Commedia e delle altre sue opere grazie alla continua e approfondita ricerca - letteraria, culturale, filosofica e storica – di un gruppo di giovani studiosi. Per la Cina, il 2021 ha offer - to l’occasione di trasferire la comprensione di Dante dal livello della ricerca accademica a quello del grande pubblico. Secondo Wang Jun, “per capire il Medioevo e il Rinascimento dobbiamo leggere Dante, ed anche per capire come siamo arri - vati nell’epoca moderna”. In questo senso, la Divina Commedia è una vera e propria enciclopedia. Gli studi su Dante sono una cintura di collegamento del passato al presente e, dal punto di vista della Cina, un canale di dialogo con il mondo. Wen Zheng ci ricorda che “nonostante il forte divario nell’interpretazione della Divina Commedia rispetto all’originale, che caratterizza le varie epoche e lingue, Dante ci offre ancora motivi a sufficienza per apprezzare la sua ope - ra.
Indipendentemente dalle diversità nel nostro mondo, tutti possono apprezzare la cultura che Dante ci offre attraverso la Divina Commedia, la cui essenza sta nel contatto tra il mondo secolare e il mondo spirituale”. Per questo, settecento anni dopo, la forza che emana da questo poema di 14.233 versi riesce ancora a oltrepassare la storia e le culture, donandoci sempre nuova vita.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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