Lo sviluppo economico? La riduzione del carico fiscale? La lotta alla disoccupazione? Neanche per sogno. Tra le prime priorità individuate dal nuovo governo della Spagna, imperniato sull'alleanza tra i socialisti del premier Pedro Sanchez e la sinistra radicale di Podemos, c'è la revisione della Costituzione.
Qualcuno penserà: forse per ammodernare l'assetto istituzionale del Paese? Manco per idea. L'obiettivo è un altro: aggiornare la Carta dal punto linguistico, declinando al femminile tutti quei termini che trasudano maschilismo per garantire una piena ed effettiva parità tra uomo e donna. Lo scrive Repubblica, raccontando lo scontro in essere tra l'esecutivo che si è appena insediato e la Real Academia Española, il corrispettivo iberico della nostra Accademia della Crusca.
Ma andiamo con ordine. La Spagna è tra i Paesi europei dove il femminismo a tutti i costi, talvolta ingiustificato, è maggiormente radicato. Non solo nelle forze di estrema sinistra, ma anche - e soprattutto - nei partiti di governo. In particolare Podemos, il cui leader Pablo Iglesias ha dichiarato una volta di credere nella "mascolinità femminista".
Per carità, niente di male nel battersi a favore dei diritti delle donne, anzi. Ma chiedere di introdurre termini come "ministra" o "presidenta" rasenta davvero il ridicolo.
Scontro governo-Crusca spagnola
È proprio quanto sta facendo la sinistra spagnola. La vicenda risale al 2018, quando l'allora vicepremier Carmen Calvo aveva incaricato la Real Academia Española - il supremo organo di tutela della lingua di Cervantes - di scrivere un rapporto sulla questione. Calvo, con ogni probabilità, si aspettava di ricevere una mano dalla Crusca spagnola. Ma non le è andata bene. Sì, perché il documento redatto dalla "Docta Casa", che sarà presentato ufficialmente alla stampa il 20 gennaio, spiega che la Costituzione - risalente al 1978, poco più di 40 anni fa - non ha bisogno di ritocchi, essendo stata scritta in modo corretto.
Nessun bisogno, dunque, di "femminilizzare" la Carta. Nel trarre le sue conclusioni, la Real Academia Española si rifà al dossier "Sessismo linguistico e visibilità della donna" del 2012, dove si afferma che "la visibilità della donna" non viene garantita dal "rendere esplicita sistematicamente la relazione tra genere e sesso". Considerazione che si iscrive nella cosiddetta Doctrina Bosque, dal nome del professore universitario che è anche autore del rapporto che sarà reso noto a breve all'opinione pubblica.
La polemica sul "Consiglio delle ministre"
Secondo Bosque, "non ha senso promuovere politiche normative che separino il linguaggio ufficiale da quello reale". Dunque, la tutela della dignità professionale e personale della donna non deve passare necessariamente dalla trasformazione linguistica del ministro in "ministra", del presidente in "presidenta" e così via.
Ma il governo non intende rinunciare alla sua battaglia.
Tanto che, in occasione dell'insediamento del nuovo governo i ministri Irene Montero e Yolanda Díaz hanno promesso su Twitter di "mantenere il segreto sulle delibere del 'Consiglio delle ministre'". Espressione contestata dalla Real Academia. A differenza di quanto avvenuto in Italia, dove la Crusca ha dato ragione alla Boldrini sulla correttezza del termine "presidenta".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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