Trump, il Washington Post vuole oscurarlo: "Blackout mediatico contro di lui"

Dopo essere stato messo al bando dalla conferenze stampa del tycoon, il quotidiano propone agli altri media americani di mettere fine alla "pubblicità gratuita a Trump"

Trump, il Washington Post vuole oscurarlo: "Blackout mediatico contro di lui"

Volano stracci tra il Washington Post e Donald Tump. Dopo essere stato messo al bando da conferenze stampa ed altre manifestazioni della campagna del candidato repubblicano, il
quotidiano lancia una proposta agli altri media americani: un blackout su Trump. Una risposta, sostiene il Wp, all'attacco alla libera stampa mosso da Trump e alle sue quotidiane incursioni negli show televisivi e radiofonici.

"Il bando imposto da Donald Trump ai giornalisti del Post lascia le altre testate di fronte ad una scelta difficile, tra audience e la responsabilità di giornalisti in una società libera", si legge in un articolo del Post in cui si ricorda come nei mesi scorsi a giornalisti di Politico, Huffington Post, BuzzFeed, Gawker, Foreign Policy, Fusion, Univision ed altre testate è stato vietato l'accesso ad eventi della campagna di Trump. "Ed i suoi sicari - si legge ancora - hanno anche cacciato a calci giornalisti indesiderati da conferenze ed eventi".

Il giornale di Jeff Bezos (fondatore di Amazon ed editore del Wp) ricorda anche che Trump ha detto che, da presidente, intende varare leggi che rendano più facile citare giornalisti per diffamazione. E che intende usare leggi anti-trust per andare contro Bezos, mentre suoi consiglieri suggeriscono che anche la Cnn - altra testata considerata nemica - avrà i suoi problemi.

La mossa del quotidiano di Bezos

"Ma c'è fortunatamente una risposta giusta ed appropriata alle "liste nere" di Trump: un blackout" afferma l'opinionista Dana Milibank, che spiega che questo non significherebbe la fine della copertura della sua campagna ma "la fine della pubblicità gratuita, acritica che l'ha spinto fino alla nomination repubblicana". Un'azione del genere avrebbe successo "perché Trump manca di un apparato tradizionale della campagna e si affida quasi interamente all'attenzione gratuita dei media".

Quindi fine della "copertura a tappeto di eventi e comizi" da parte delle televisioni, fine delle interviste telefoniche ai tv show "che gli permettono di disseminare falsità senza rischio di
interlocutorio". E una continua attività di "fact-checking" per poter nel modo più veloce possibilie "smascherare le falsità che dice Trump". Infine, i media americani "dovrebbero chiedere che il comitato repubblicano alla convention di luglio restituisca le credenziali alle testate messe al bando da Trump. I repubblicani forse vogliono unirsi a lui nel contrastare la libera stampa?".

Anche perché - conclude l'opinionista del Post evocando uno scenario inquietante - "se Trump dovesse comportarsi così una volta arrivato alla presidenza, potrebbe scegliere lui quali giornalisti e testate ammettere ai briefing della Casa Bianca e agli eventi del presidente".

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