In ventotto sono morti lo scorso 17 febbraio ad Ankara, in un attacco realizzato con un'autobomba che ha colpito un convoglio di militari che transitava nella zona di Kizilay. Ventotto vittime per cui fino a oggi si è cercata la mano dell'assassino, fino a che è arrivato un comunicato che rivendica l'attentato.
A colpire ad Ankara, nella sera di mercoledì, è stata la Tak, acronimo per le Aquile della libertà del Kurdistan. Il gruppo, che fino al 2005 è stato legato al Pkk e poi ha scelto una strada diversa, indipendent, ha scritto sul suo sito ufficiale di un "attacco suicida compiuto da un guerriero del sacrificio".
L'autobomba che è stata fatta saltare ad Ankara, dice il gruppo, aveva come obiettivo gli uomini dell'esercito "della repubblica turca fascista". Un'azione pensata in risposta alle politiche che la presidenza Erdoğan attua contro gli uomini di Ocalan, considerati come terroristi. Ma anche per intimorire i turisti, a cui quelli della Tak intimidando di non entrare più nel Paese.
Nel giorno in cui arriva la rivendicazione per la strage nella capitale, si fa sentire anche il presidente turco, che ha accusato gli Stati Uniti di armare i curdi siriani di Ypg e Ypj.
Se questi combattono infatti contro il sedicente Stato islamico, con l'intento non troppo nascosto di aumentare la propria autonomia nel nord del Paese, per Ankara sono a tutti gli effetti dei terroristi, come i cugini del Pkk.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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