Almeno quattro quotidiani e due canali televisivi, ma anche un certo numero di riviste sono passate di mano quest'oggi in Turchia, con la finalizzazione di un accordo che ha portato all'acquisizione del gruppo mediatico Dogan da parte del conglomerato guidto da Yildirim Demiroren, presidente della Federcalcio locale ed ex presidente del Besiktas, club tra i "Big 3" di Istanbul. Una mossa che non è soltanto economica, ma potrebbe segnalare un'ulteriore deterioramento della libertà di stampa, già fortemente limitata da un mercato dominato da testate legate a holding vicine al presidente Recep Tayyip Erdogan.
Quello di cui parlano i giornali è un affare da 1.2 miliardi di dollari che ha portato sotto l'ombrello di Demioren il quotidiano sportivo Fanatik, le emittenti CNN Turk e Kanal D, Hurriyet e la testata in lingua inglese Hurriyet Daily News, che se non ha una linea nettamente d'opposizione, tuttavia non è nemmeno schierata su posizioni apertamente filo-governative, come sono invece Daily Sabah o Yeni Safak.
Il gruppo Demiroren già controlla Milliyet e Vatan, ceduti a maggio del 2011 ancora una volta dalla compagnia di Aydın Doğan, i cui quotidiani hanno generalmente una linea politica nazionalista e centrista. Due anni prima Doğan era stato multato per 2.5 miliardi di dollari per tasse non pagate, in quella che molti avevano letto come una punizione per le critiche al governo guidato da Erdogan.
Il passaggio di proprietà delle testate non è l'unico ostacolo alla libertà dei giornalisti in Turchia. Il più recente rapporto stilato da Freedom House ricordava come le difficoltà riguardino anche l'assetto economico del settore, con la maggior parte dei quotidiani "concentrati nelle mani di poche holding i cui introiti dipendono per la maggior parte da altri asset, in particolare nel settore costruzioni, energia, delle miniere e dei servizi finanziari". Una situazione che prima ancora che a processi e sentenze li espone particolarmente a influenze da parte della politica.
La Turchia è a oggi il Paese con il maggior numero di giornalisti in carcere, 155 secondo la lista tenuta aggiornata dalla Piattaforma per il giornalismo indipendente (P24). Con più di 150 testate chiuse dopo il fallito tentativo di colpo di Stato del 2016, sono poche quelle che rimangono indipendenti, come i quotidiani di sinistra BirGun ed Evrensel, l'ultranazionalista Sozcu o il laico Cumhuriyet, trascinato in tribunale per rispondere dell'accusa di sostegno al terrorismo.
Di recente Ahmet Sik e Murat Sabuncu, legati al giornale, sono stati liberati dopo 400 giorni in pre-detenzione, ma a rischio di tornare in cella quando il processo arriverà a sentenza. Il presidente del cda, Akin Atalay, è l'ultimo dei nomi del Cumhuriyet ancora in prigione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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